Via Francigena

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Pellegrini si diventa

Molti anni fa ho sentito un direttore d’orchestra e compositore francese, Pierre Boulez, raccontare come la musica prendesse forma nella sua mente durante i suoi pellegrinaggi da Parigi a Lourdes. Con lo zaino in spalla ed il bordone si incamminava ogni anno e mentre andava lentamente verso la meta nascevano armonie, melodie, accordi, variazioni, modulazioni che, una volta tornato a casa, si trasformavano in piccoli segni neri su un pentagramma e assumevano l’aspetto concreto di sinfonie, sonate, composizioni per voce e per strumenti.

Quello che allora mi aveva impressionato era scoprire che camminare verso una meta lontana, passo dopo passo, genera  uno stato mentale, libero e leggero, durante il quale il pensiero razionale e analitico svanisce per lasciar posto a quello creativo, intuitivo e associativo.

Scoprii anche, lo ignoravo, che esistono antiche vie medievali che solcano l’Europa e il mondo intero per condurre alle città sante, Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostela e che in ogni momento migliaia e migliaia di viandanti percorrono quelle strade millenarie, ognuno con le sue motivazioni personali ma tutti uniti da una profonda ricerca spirituale ed esistenziale.

La ricerca dell’infinito? Forse.
La ricerca dell’assoluto? Anche.

Una comunità in cammino alla quale decisi, ma senza averne ancora coscienza, che un giorno mi sarei unita.
In un momento doloroso della mia vita quello mi sembrò il modo di riuscire a credere in un futuro migliore e promisi a me stessa che quando il peggio fosse passato sarei partita.
Ci vollero molti anni ma un giorno la decisione fu presa e non sapendo come fare perché non sapevo niente di niente cominciai comprando una Guida al Cammino di Santiago.
Si rivelò un’ottima idea.

E fui davvero sorpresa nel capire al volo come in fondo organizzare il viaggio fosse semplice.
Bastava comprare uno zaino di buona qualità, riempirlo nel modo giusto di poche cose essenziali, decidere una data e saltare sul primo treno per Saint Jean Pied de Port, ai piedi dei Pirenei francesi.

Tutto qui? Si, tutto qui. 

Però poi, pensai, ci sarebbero stati quasi ottocento chilometri da fare a piedi, giorno dopo giorno…..
Questo era un po’ più complicato.
Così decisi di lanciare un messaggio su un sito di pellegrini, scelto a caso. Il mio click cadde su pellegrinando.it e sulla sezione in cui si incrociavano partenze e arrivi.
Lì trovai una compagna di viaggio e il coraggio di cominciare a pensarci seriamente.
Si, ma come prepararsi?
Il caso, come spesso accade, risolse il problema per me e per Lalla, futura collega camminante.
Ricevetti una mail che allora mi sembrò di incerta provenienza ma ora so bene che arrivava da persone straordinarie in cui si annunciava che il primo di luglio (eravamo nel 2008), migliaia di persone sarebbero partite per Roma in macchina, in treno, in aereo.
E allora? mi dissi, ma continuai a leggere.
Ma….proseguiva l’articolo…. un piccolo gruppo di persone partirà a piedi…e arriverà alla meta il 31 luglio.
A piedi? Questi sono pazzi, fu il mio primo pensiero.
E poi? Il 31 luglio? Un mese di cammino? Ma dai…
Il secondo pensiero fu….ma io parto con loro.
E così una mattina uscii di casa, come Pierre Boulez quando partiva per Lourdes, con gli scarponi da viandante, lo zaino, i bastoncini e mi avviai al punto d’incontro con chi, come me, quel giorno avrebbe intrapreso il suo lungo viaggio verso Sud…..

Come scrisse Walt Whitman « A piedi e con cuore leggero mi avvio per libera strada…»

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Proposta di co-housing sulla Via Francigena

Siamo un gruppo di persone il cui sogno è trasferire nel nostro cammino di vita quotidiana quanto sperimentato nei nostri cammini fisici, spirituali ed iniziatici. L’aspetto più importante che sentiamo il bisogno di vivere quotidianamente è la relazione amorevole e di accoglienza che è così facile vivere nei cammini e sembra così complicato vivere nel quotidiano. E poi la semplicità, l’essenzialità, l’incontro con l’altro come arricchimento e non come limitazione alla mia libertà, l’armonia, l’imparare ad affidarsi…

Ogni volta che ci capita di parlare con pellegrini ed ospitaleri ci accorgiamo di questo bisogno/desiderio condiviso: portare Santiago nella nostra vita. Ma in realtà è un bisogno condiviso anche da chi non è mai stato sul cammino di Santiago: è il sano bisogno di ogni essere umano di riconoscersi parte viva ed integrata dell’umanità e dell’Uno ed in questo momento storico di apparente separazioni e conflitti diventa più pressante che mai. Non è un caso il moltiplicarsi di iniziative di co-housing, eco villaggi, gruppi GAS, banche etiche e del tempo, bilanci di giustizia, cammini storici e nuovi.
Vorremmo creare un co-housing/eco villaggio lungo un cammino (preferibilmente lungo la Via Francigena sul lago di Bolsena) in cui convergano il soddisfacimento di diversi bisogni/desideri.
Ci sembra importante che sorga lungo i cammini per diversi motivi tra cui la sinergia tra cammini fisici e cammini di crescita spirituale/sociale e personale, la potenzialità dei cammini di fungere da acceleratori dei processi di cambiamento sociale e l’arricchimento derivante dalla diversità dei pellegrini (essenziale soprattutto in una struttura nascente e di piccole dimensioni).

A puro titolo esemplificativo elenchiamo alcuni bisogni/desideri che a noi piacerebbe soddisfare ma è ovvio che i punti specifici deriveranno dalle competenze e dai desideri dei partecipanti: 1) crescita personale, sociale e spirituale dei partecipanti (un luogo in cui favorire l’apprendimento dell’interazione dell’altro grazie all’utilizzo di tecniche per raggiungere il consenso decisionale, condivisione delle proprie competenze ed apertura agli insegnamenti degli altri); 2) luogo di lavoro che ne permetta il sostentamento (produzione per uso interno ed eventuale vendita di prodotti alimentari, organizzazione di corsi, seminari, terapie individuali e di gruppo); 3) punto di riferimento per il territorio (banca del tempo, gruppi GAS, biblioteca, conferenze, seminari, laboratori); 4) punto di accoglienza e di informazione per i pellegrini (accoglienza, cammini guidati, affitto materiale, segnaletica ed identificazione sentieri, divulgazione); 5) altro (laboratori artistici/artigianali, etc)

Pensiamo che quello che sembra impossibile e utopico come sogno individuale possa essere realizzato con naturalezza e senza sforzo da un gruppo di affini che condividano la direzione per cui…se sei interessato puoi rispondere qui oppure sul forum del sito www.pellegrinibelluno.it oppure all’ indirizzo immacolata.coraggio@fastwebentnet.it

L’idea è contarci, conoscerci, confrontarci, esplorare i nostri punti di forza e di debolezza, valutare le nostre competenze e potenzialità, elaborare un progetto organico e provarci. Vorremmo organizzare un primo incontro in occasione del capodanno (31 dicembre 3 gennaio, luogo e programma da definire insieme).

Nel frattempo buon cammino ovunque la vita vi porti.

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Dal bordone ai bastoncini

Oltre che un segno distintivo dello status di pellegrino, il bordone era in passato uno strumento molto utile, ed è spesso utilizzato anche al giorno d’oggi come segno distintivo, anche se i moderni pellegrini spesso preferiscono i bastoncini telescopici. Uno dei tratti distintivi dell’antico pellegrino era il bordone, un lungo bastone di legno, spesso corredato da una zucca vuota che serviva da borraccia.

Molti pellegrini viaggiano tuttora verso Santiago e verso'' Roma muniti di bordone, ma sono molti di più quelli che sacrificano il look “autentico” e scelgono di viaggiare con le mani libere, o – in numero minore – con moderni bastoncini telescopici.
Ma ha senso utilizzare i bastoncini lungo un percorso come la Via Francigena? Come spesso accade non esiste una risposta univoca, poiché si tratta di un accessorio che molti amano e forse altrettanti odiano. Utile in alcune situazioni, molto fastidioso in altre.
Cercherò in questo articolo di illustrarvi la mia personale opinione, corredandola quando possibile con dati oggettivi, semplicemente per fornire ai lettori qualche informazione utile per la scelta.
In generale, lungo i percorsi escursionistici, l’uso dei bastoncini presenta vari vantaggi:
•    una minore sollecitazione degli arti inferiori, con benefici sulle articolazioni (fino al 25-30% del peso viene scaricato sulle braccia), e una diminuzione del rischio di storte e infiammazioni;
•    un esercizio fisico molto più completo, poiché viene messo in movimento un numero di muscoli molto superiore;
•    un miglioramento nella respirazione;
•    una maggiore energia nella progressione, soprattutto se si usano i lacci dell’impugnatura come appoggio; la velocità di camminata a parità di condizioni può aumentare anche del 20-25% senza che il pellegrino se ne renda conto;
•    un miglioramento della sicurezza in alcuni passaggi scivolosi (per fango, ghiaccio o neve), e esposti; in particolare nel superamento dei guadi due punti di appoggio in più sono fondamentali, e diminuisce di molto il rischio di perdere l’equilibrio;
•    infine, i bastoncini sono molto utili per tenere lontani cani aggressivi (incontro che può essere relativamente frequente lungo la Via Francigena).

 
I bastoncini presentano però alcuni importanti difetti:
•    pesano, e quindi quando non vengono utilizzati contribuiscono a caricare ulteriormente il nostro già pesante zaino;
•    tengono le mani occupate, un difetto particolarmente sentito da chi deve maneggiare strumenti, mappe o la macchina fotografica lungo il percorso;
•    sui terreni compatti e soprattutto sull’asfalto possono vibrare fastidiosamente e trasmettere la vibrazione alle braccia, e possono essere molto rumorosi; non a caso i bastoncini di qualità sono dotati di sistemi antivibrazione e di copri-puntale in gomma;
•    in caso di temporale possono diventare molto pericolosi, poiché le punte, soprattutto se orientate verso l’alto, possono fare da parafulmine; meglio quindi riporli all’interno dello zaino con le punte verso il basso, e nei casi più estremi conviene lasciarli lungo il sentiero o comunque allontanarli durante le soste;
•    se non sono di ottima qualità possono chiudersi improvvisamente, facendo mancare il sostegno e provocando cadute potenzialmente pericolose, perché ovviamente il cedimento capita molto spesso quando abbiamo più bisogno dell’appoggio;
•    le chiusure dei bastoni di qualità non elevata creano anche il problema opposto: soprattutto in presenza di grandi sbalzi di temperatura si bloccano, e non si riesce più ad accorciare i bastoncini;
•    se sono di ottima qualità costano molto, e se non sono di ottima qualità, come avrete capito, è meglio con comprarli.
Anche se i bastoncini sono dotati di copri-puntale in gomma, se percorrete lunghi tratti su asfalto questo tende a bucarsi dopo pochi giorni. Un sistema molto economico e funzionale per non dissanguarsi con i ricambi consiste nell’utilizzare dei comuni tappi di plastica per spumante, che possono essere acquistati in qualunque negozio di ferramenta. I tappi sono costruiti con una plastica molto robusta, e possono essere fissati sulla punta con del nastro isolante. Per migliorare la durata e smorzare ulteriormente le vibrazioni potrete inserire nel foro del tappo delle piccole guarnizioni in gomma, acquistabili in un negozio di idraulica.
Un altro particolare al quale prestare attenzione sono le impugnature: vanno evitate quelle di plastica, che creano una sudorazione eccessiva e che possono provocare vesciche o abrasioni sulle mani. Meglio quelle di sughero o di spugna compatta, soprattutto se sono molto lunghe e coprono anche una parte del bastoncino. Ciò consente di modificare la lunghezza del bastoncino durante l’uso, semplicemente cambiando la posizione della mano. Infatti i bastoncini vanno tenuti più corti in salita, più lunghi in discesa, e con un angolo del gomito di circa 90 gradi in piano. Inoltre nei “traversi” il bastone a monte deve essere molto più corto di quello a valle.
Infine, una domanda sorge spontanea: perché usare due bastoncini, e non uno solo, oppure un normale bastone da passeggio, o meglio un tradizionale bordone? Perché due bastoncini rendono simmetrica la camminata, distribuiscono lo sforzo allo stesso modo sui due lati del corpo. In caso contrario l’asimmetria può caricare in modo diverso muscoli e articolazioni, e il bastone alla lunga può creare qualche problema anziché essere di sollievo: in generale, nelle lunghe camminate, è bene che il carico dello zaino e lo sforzo siano simmetrici.
Ciò premesso, in generale consiglio a chiunque di provare a utilizzare i bastoncini almeno una volta: ho visto camminatori molto scettici innamorarsi dopo un’ora di utilizzo, tanto da non poterne più fare a meno, mentre altri invece preferiscono la camminata “a mani libere” e li considerano un peso inutile.

Alberto Conte – itinerAria
www.itineraria.eu

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Un punto dolente del Cammino di Santiago: ne parliamo o lo nascondiamo sotto il tappeto?

Scrivo un post diverso dal mio solito. Questa vota niente immagini poetiche, niente emozioni calde, nessuna riflessione profonda…voglio, anzi in verità non vorrei, ma credo sia necessario farlo, parlare di un problema che sul Cammino di Santiago sta diventando sempre piu’ grave: le cimici.

In quanto ospitalera mi sono forse resa conto con piu’ chiarezza di quanto sia diffuso e di auanto poco si faccia per arginarlo: le autorita’ non ne parlano perche’ non volgiono ripercussioni economiche negative sul Cammino, i pelegrini non ne parlano perche’ si vergognano, gli ospitaleri non ne parlano perche’…per mille motivi…ma in realta’ gli ospitaleri, alcuni ospitaleri, sono i soli che ne parlano e cercano in qualche modo di
arginarlo.

Noi a Bercianos, facevamo accomodare i pellegrini, limonata, caramelle, cioccolata e quando ci sembrava che il pellegrino fosse abbastanza rinfrancato da intendere le nostre parole, prima ancora di registrarlo e dirgli dove mettere le botas…gli chiedevamo ze avesse avuto problemi con le cimici.

Ebbene non c’e’ stato giorno in cui non ci fossero pellegrini che avevano avuto problemi. Solo in pochissimi casi avevano poi disinfettatto zaino, sacco a pelo ed abito. e pochissimi erano andati da un medico.

Ci sono arrivati pellegrini che stavano malissimo, morsi da giorni che continuavano a peggiorare il loro stato di salute e a spandere cimici, perche’ per pauira, per vergogna , per ignoranza non lo avevano detto a nessuno.

Un pellegrino tedesco e’ stato infettato a Zubiri!!! al primo giorno di cammino e ne ha parlato per la prima volta a noi alla 17esima tappa. Aveva febbre forte, tutto il corpo gnfio e aveva deciso di tornare a casa l’indomani perche’ stava proprio male!!! Lo abbiamo portato dal medico, iniezioni di antibiotici ed antistaminici e l’indomani si e’ rimesso in cammino.

Ci ha detto piangendo che aveva dormito per la prima volta dalla partenza, che era il primo giorno che si sentiva bene. Non la finiva piu’ di ringraziarci. Ma intanto non l’aveva detto neanche a noi. Nonostante le nostre domande al suo arrivo, ha taciuto e come anche qualche altro, ce l’ha detto poi a sera tarda (quanlcuno adirittura ce lo divceva l’indomani, dopo la colazione)!!!

Questo ci obbligava ad una disinfestazione di tutto l’albergo, cambio di lenzuola e soprattutto metteva a rischio gli altri pellegrini. Perche’? mi chiedo perche’ e’ cosi’ difficle parlarne? Se non ne parliamo, se non troviamo modi collettivi di affrontare il problema il cammino di Santiago in breve tempo scomparira’ per il panico di infezione…

Con un veterinario spagnolo abbiamo butato giu’ alcune idee, ma non so se poi mi contattera’…pwer ora scrivo qui… Secondo noi bisognerebbe fare un team di esperti (medico, veterinario, ospitalero, etc) tutti pellegrini e stilare un “protocollo” di indicazioni per pellegrini, ospitaleri, autorita’ samnitarie, case editrici, etc.

Farlo girare e raccogliere piu’ firme possibili e soprattutto anche firme “famose”. Poi presentarlo ai diversi interlocutori, soprattutto autorita’ spagnole (e francesi) per cercare di avere modalita’ di azione coordinate e non basate sulla improvvisazione e buona volonta’ (come e’ stato per noi e per alcuni altri albergue che si preoccupano del problema).

Beh, ora vi saluto, il tempo sta scadendo…ma vi prometto al mio rientro tra pochi giorni un post piu’ piacevole 🙂 

Buon cammino a tutti a chi e’ in cammino sui sentieri della vita e a tutti gli altri comunque in cammino sui sentieri della vita!

Immacolata 

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L’accoglienza “povera” e lo sviluppo della Via Francigena

Dal 12 al 14 Marzo 2010 è tenuto a Monteriggioni un corso per “hospitaleros voluntarios”, che poi durante l’estate hanno gestito alcuni ostelli lungo il Cammino di Santiago, e che potrebbero in futuro prestare servizio lungo la Via Francigena. Qual’è l’importanza del lavoro dei volontari per lo sviluppo economico dei territori attraversati da un grande itinerario culturale?

 

Gli hospitaleros voluntarios

Ogni anno migliaia di persone dedicano un periodo del loro tempo libero alla gestione di un ostello lungo il Cammino di Santiago. Si tratta di un servizio volontario e non retribuito, il più delle volte gestito da associazioni locali di Amigos del Camino. Gli hospitaleros voluntarios sono pellegrini che, dopo aver percorso il proprio cammino, decidono di partecipare attivamente allo sviluppo dell’itinerario più famoso del mondo. In genere lavorano per una o due settimane presso un albergue, gestendolo da ogni punto di vista: dall’accoglienza ai pellegrini alle pulizie, dal fare la spesa a fornire agli ospiti tutte le informazioni utili. Gli ospitalieri sono eredi di una tradizione millenaria, che risale al Medio Evo, quando chi compiva un pellegrinaggio era considerato un ospite sacro, e come tale doveva essere accolto. Il loro ruolo è fondamentale per la salvaguardia dello spirito profondo del Cammino di Santiago, dell’atmosfera che avvolge il fiume di persone che ogni mattina si mettono in marcia verso la tomba dell’Apostolo. La gratuità del servizio degli ospitalieri è in se un valore: in un mondo in cui tutto sembra avere un prezzo, l’incontro quotidiano di gesti gratuiti (il cammino del pellegrino, il lavoro dell’ospitaliere) è uno degli aspetti magici del viaggio verso Santiago, che lo rendono diverso da qualunque altro cammino.

 

Un rito collettivo

Il Cammino di Santiago è un rito collettivo che coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di persone, che si mettono in viaggio caricandosi sulle spalle uno zaino che contiene il minimo indispensabile per vivere, e simbolicamente si tolgono di dosso i macigni che appesantiscono la loro vita quotidiana: il lavoro, gli impegni familiari e sociali, l’apparenza, i debiti, i soldi. Provano l’ebbrezza di una vita semplice e libera, trascorrono le giornate con persone come loro, da cui si sentono accolti e capiti. Si sentono parte di una comunità in cui non è importante quello che fanno, ma quello che sono. I pellegrini condividono in una stessa giornata gli spazi sconfinati del Cammino e le camerate anguste degli ostelli, in cui le differenze di età, sesso, nazionalità, religione, classe sociale vengono appiattite: decine di persone abitano in pochi metri quadrati, senza alcuna difesa per la propria intimità. La fatica quotidiana stravolge l’aspetto fisico delle persone, che al loro arrivo negli ostelli condividono gli odori, i respiri pesanti, gli occhi gonfi al risveglio, i colori della biancheria intima stesa ad asciugare. Pezzi della loro vita e della loro giornata, in genere salvaguardati gelosamente, escono dalla sfera privata per diventare di pubblico dominio. In questa situazione le barriere si abbattono, e l’assenza di difese rende unici i rapporti tra i pellegrini in cammino, e dei pellegrini con se stessi. Il pellegrino in cammino prova una sensazione di libertà senza uguali, si avvicina all’essenza, che può trovare in se stesso, negli altri, nella religione, nella spiritualità, nella bellezza, o in tutte queste cose insieme. Allontana da se una quotidianità fatta spesso di apparenza e di falsità, governata da una cronica mancanza di tempo e da esigenze pratiche in cui il denaro assume un’importanza centrale. Camminare diventa un gesto trasgressivo, con cui il pellegrino stravolge la scala dei valori che governa la società moderna: chi cammina non consuma e non produce. Viaggia leggero, il suo passaggio contribuisce marginalmente all’economia del territorio che attraversa, ma può avere un impatto importante sulla crescita culturale e personale delle persone incontrate lungo la via.

 

Le due anime del Cammino

Eppure il Cammino di Santiago è uno dei principali prodotti turistici europei, una risorsa che genera milioni di Euro di fatturato annuo, e che ha risollevato l’economia di alcune aree tra le più povere della Spagna, come la Galizia. Come è possibile la convivenza tra le due anime del Cammino di Santiago, quella no-profit/low cost dei volontari e dei pellegrini a piedi, e quella profit degli operatori turistici al servizio dei turigrini (così vengono chiamati i turisti lungo il Cammino)? Nella risposta a questa domanda risiede uno dei segreti del successo del Cammino, e per questo è importante che chiunque si occupa della Via Francigena abbia ben chiari i meccanismi che governano l’economia del pellegrinaggio verso Santiago. Le attrattive che rendono indimenticabile il Cammino di Santiago non sono le meravigliose chiese, i paesaggi sconfinati, il silenzio dei villaggi, i sapori dei cibi che si possono gustare. Tutto ciò è molto bello, ma certo non unico: se pensiamo al mix di paesaggio, storia, cultura, religione che caratterizza il percorso della Via Francigena, l’itinerario spagnolo non regge il confronto. La magia del Cammino di Santiago risiede nel flusso ininterrotto di persone che lo percorrono ogni giorno dell’anno. La fatica, il sudore, il dolore che si mescolano senza soluzione di continuità con il sorriso, l’emozione, la bellezza. L’economia del Cammino di Santiago è fondata sul flusso di turisti che da tutto il mondo raggiungono il nord della Spagna attratti dalla suggestione, dal fascino misterioso, dai racconti, dalla bellezza dell’immagine del fiume di persone in cammino. In questo senso il Cammino di Santiago coincide con i pellegrini che lo percorrono e gli danno vita, passo dopo passo. I pellegrini non transitano lungo il Cammino: loro sono il Cammino. Le 150.000 persone che nel 2009 hanno raggiunto Santiago a piedi o in bicicletta hanno contribuito solo in parte al fatturato dell’industria turistica spagnola: l’indotto di turisti che hanno viaggiato in auto, moto, autobus, è stato almeno 10 volte superiore, con una spesa media giornaliera ben più alta. Tuttavia chi conosce la fisica sa che non può esistere l’indotto senza l’induttore, e quindi non esisterebbe il turismo lungo il Cammino di Santiago senza i pellegrini a piedi. Non esisterebbero i numerosissimi alberghi, B&B e pensioni che accolgono i turisti a prezzi di mercato senza gli ostelli che ospitano i pellegrini per pochi Euro al giorno. Chi vuole sviluppare la Via Francigena come itinerario turistico e culturale deve quindi comprendere che la pretesa di richiamare i turisti prima di creare un flusso continuo e numeroso di pellegrini a piedi è velleitaria, significherebbe mettere il carro davanti ai buoi. Il potenziale economico del “prodotto” Via Francigena è enorme, ma non si potrà esprimere senza lo sviluppo della microeconomia dell’accoglienza a basso costo, in cui il ruolo dei volontari sarà determinante.

 

Il corso di Monteriggioni

Le considerazioni di cui sopra sono state alla base del corso che si è tenuto in Toscana dal 12 al 14 marzo 2010, organizzato da itinerAria con il sostegno del Comune di Monteriggioni. Sette veterani spagnoli, membri dell’organizzazione spagnola Hospitaleros Voluntarios, che gestisce una ventina di ostelli lungo il Cammino di Santiago coordinando il lavoro di più di 3000 volontari, hanno gestito la formazione degli aspiranti ospitalieri italiani. Il corso, presentato alla fine del 2009, ha avuto un successo inatteso: a fronte di una ventina di posti disponibili sono arrivate numerosissime richieste, tanto che le iscrizioni sono state chiuse con largo anticipo e il numero totale dei partecipanti è stato portato a 25. Molti “novizi” che non hanno potuto frequentare il corso in Italia si sono recati direttamente in Spagna, dove hanno affiancato per qualche giorno un veterano prima di gestire personalmente un ostello. Dopo il corso, i volontari hanno scelto un periodo di due settimane in cui lavorare in un albergue spagnolo. L’obiettivo del corso era quello di creare un nucleo di ospitalieri che dopo l’esperienza spagnola fossero disponibili a ripetere l’esperienza in Italia, lungo la Via Francigena. A tale scopo però è fondamentale che le Istituzioni e le Amministrazioni Locali comprendano l’importanza del lavoro volontario, creando i presupposti per lo sviluppo di un’accoglienza “povera”. Scuole, oratori, palestre, ambulatori, caserme, edifici pubblici sotto-utilizzati o abbandonati potrebbero diventare dei validi posti tappa lungo la Via Francigena, e con un minimo investimento potrebbero svolgere una funzione di utilità sociale. Ciò richiede però una strategia precisa, e un coordinamento forte, in grado di incidere sulle normative e sulle leggi nazionali e regionali, che spesso ostacolano la creazione di strutture non classificabili con i criteri della ricettività turistica. Un contributo determinante deve essere fornito anche dagli operatori turistici, che nelle strutture di accoglienza spartana non devono vedere una minaccia bensì una straordinaria opportunità di sviluppo: la rete degli ostelli economici deve essere vista come parte di un’infrastruttura viaria. Una strada verde, da costruire anno dopo anno con un “cantiere della bassa velocità” che potrebbe cambiare radicalmente il territorio, una volta tanto migliorandolo, anziché devastarlo.

 

Alberto Conte

 

Questo articolo è stato scritto per conto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – DGBID, e pubblicato nella newsletter del sito www.francigenalibrari.benicultuirali.it

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Ospitalera sul Cammino di Santiago

“Io non so come dirlo…ma restituire quello che si e ricevuto e’ impossibile. Sono qui con Pasquale, spagnolo di Barcellona anche lui alla prima esperienza di ospitalero. Entrambi e, quanto pare tutti quelli che decidono di farlo,lo fanno con l’illusione, la presunzuione, di restituire quanto hanno ricevuto sul cammino…e invece ci ritroviamo a ricevere ancora di piu.

Sembrerebbe impossibile.

Siamo qui a lavorare ininterrottamente dalle 5 e mezza della mattina alle 10 e mezza 11 di sera.

Spesso con soli 5-10 minuti per mangiare, senza tempo per scrivere, andare ad un internet point, telefonare. A volte senza neanche il tempo di andare in bagno.

Ci ritroviamo ad improvvisarci cuochi per 50-70 persone, impresa di pulizia, medici, psicologi, confessori e contabili.

Ci ritroviamo con pellegrini ammalati, storie spezzacuore, lavatrici impazziti, scaldabagni che saltano, imprevisti di ogni tipo.

Gruppi di giovani pellegrini che bevono troppo, pellegrini con la valigia che si irritano, lituani che parlano solo lituano, pellgrini che chiedono camere singole…e frammenti di anima, spiragli di cuori che si aprono e occhi che piangono e risate e danze, abbracci e brindisi…e non so come dirlo….ma siamo infinitamente piu ricchi che al nostro arrivo e gia il pensiero di dover lasciare Bercianos tra 4 giorni ci riemnpe il cuore di trisatezza e nostalgia..

vi abbraccio tutti e a presto”

Immacolata 

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L’ospite inatteso

E’ sabato, ho appena finito di tagliare l’erba, altissima dopo due mesi di assenza da Casa Francigena. Sono sdraiato sotto il tosaerba con la canna dell’acqua in mano, per ripulirlo, quando suonano alla porta.

Mia madre oggi è mia ospite, le chiedo di aprire, ma quando lei chiede chi è le risponde una voce straniera. Pensando che sia il signore magrebino che passa ogni tanto per vendere fazzoletti e calzini, decide di spacciarsi per la colf, e dice: “il padrone non è in casa”.

Ascolto con un orecchio il dialogo urlato tra un lato e l’altro del portone, fino a quando sento la parola magica: “c’è un pellegrino!”.

Balzo in piedi e mi presento sull’uscio con la mia maglietta strappata e i jeans sporchi di vernice che uso per lavorare in giardino, e mi trovo di fronte un signore che con accento anglosassone mi chiede: “ma tu sei Alberto”? Si, rispondo stupito.

Lui è Garry, 63 anni, australiano. Mi dice che è partito da Canterbury il 21 Giugno, ed è diretto a Roma. Ha sentito parlare di me, si ricordava Casa Francigena, a Roppolo, e oggi ha deviato dalla sua strada per venire a cercarmi. Non aveva l’indirizzo, ma l’oste dietro l’angolo dopo la prima birra gli ha spiegato dove trovarmi.

Gli chiedo se ha voglia di un’altra birra, e lo invito a fermarsi da noi per la notte. Fa qualche svogliato complimento, ma non ci vuole molto a convincerlo.

Come dice la pubblicità, ci sono cose che non hanno prezzo. E un australiano che dopo 55 giorni di cammino bussa alla porta di Casa Francigena chiedendo espressamente di me è una di queste…

Passiamo ore a parlare del percorso, a stampare mappe, a scambiarci impressioni e consigli. E poi la cena, tipica milanese, a base di risotto e  cotolette, con la mamma soddisfatta dei primi complimenti ricevuti in vita sua da un australiano.

L’indomani, al risveglio, Garry mi racconta che esattamente un anno fa, l’11 settembre, si trovava in ospedale, a combattere con una malattia che rischiava di impedirgli di camminare per il resto dei suoi giorni. Allora decise che se ne fosse uscito avrebbe percorso l’intera via Francigena.

Ed eccolo qui, oltre la metà del percorso, a fare colazione in giardino. Vuole arrivare a Roma entro il 17 ottobre, quando in Piazza san Pietro è prevista la beatificazione del primo aspirante santo australiano.

Come faccio con ogni pellegrino ospite, scatto una foto sotto al cartello della Francigena e lo accompagno per il primo tratto della tappa verso Santhià. Facciamo tappa al castello, riusciamo a visitarlo quasi tutto, compresa l’enoteca, dove Garry mi regala una bottiglia di ottimo Bramaterra e degusta un bicchiere di Erbaluce, alle 10 del mattino, prima di iniziare la tappa.

Lo saluto con un abbraccio lungo la carrareccia che scende a Cavaglià. Mi rivela orgoglioso che sarà il primo australiano a percorrere l’intera via Francigena da Canterbury.

Lo guardo andare via, verso sud, sommerso dai suoi diciassette chili di zaino.

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Ciclo-pellegrinaggio lungo la VF

Segnaliamo la nascita di un blog relativo a un ciclo-pellegrinaggio lungo la VF che avrà inizio il 29 agosto.
Frank Burns, amante del viaggio in bicicletta come strumento per scoprire i diamanti della propria terra ed esplorare le ricchezze di terre lontane, racconterà giorno dopo giorno il suo viaggio e le tappe del percorso.

Per maggiori info: www.frankburns.wordpress.com

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Via Francigena: un percorso in continua evoluzione, di A. Conte

La Via Francigena è uno dei più lunghi itinerari pedonali d’Europa, e forse il più complesso: attraversa l’Italia da nord a sud incrociando autostrade, ferrovie, fiumi, catene montuose. In questo articolo raccontiamo come è stato tracciato, e quale potrebbe essere l’evoluzione del percorso nei prossimi anni.

Dopo secoli di oblio, il percorso pedonale della Via Francigena venne riscoperto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, grazie all’interesse di alcune Confraternite di pellegrini, di singoli appassionati che studiarono l’itinerario scrivendo delle guide cartacee, di Associazioni ed Enti Locali.
In una prima fase si studiò la viabilità esistente, per definire un itinerario che – senza richiedere nuove infrastrutture – rispettasse il più possibile il tracciato storico, e nel contempo fosse percorribile dai pedoni con un livello di sicurezza accettabile.

I primi lavori sul percorso
Tra il 1990 e il 2005 alcune Amministrazioni e Associazioni locali si impegnarono nella valorizzazione del percorso nella loro zona, con attività di studio o di segnalazione; citiamo ad esempio:
•    in Valle d’Aosta la Regione, il GAL e le Comunità Montane, che studiarono il percorso installando la segnaletica in tutto il tratto regionale;
•    in Emilia-Romagna la Provincia di Parma, che – in collaborazione con il CAI – realizzò la cartoguida del percorso tra Parma e il Passo della Cisa installando segnavia e cartelli escursionistici;
•    il Toscana e Liguria il CAI, che studiò il percorso tra la Cisa e Luni, in collaborazione con le amministrazioni locali; e la FIE (Federazione Italiana Escursionismo) che installò la segnaletica tra Castel Fiorentino e Siena;
•    Nel Lazio i comuni di Acquapendente, San Lorenzo Nuovo e Bolsena, Montefiascone che installarono la segnaletica nel tratto di loro competenza, e la Confraternita dei Romei della Via Francigena, che studiò e segnalò buona parte del percorso tra il confine con la Toscana e Roma.
Nello stesso periodo furono realizzate alcune Guide cartacee, che proponevano percorsi in buona parte diversi tra loro. Citiamo le principali, tuttora in commercio:
•    Monica d’Atti, Franco Cinti – GUIDA ALLA VIA FRANCIGENA – Terre di mezzo Editore – Milano
•    Luciano Pisoni, Aldo Galli – LA VIA FRANCIGENA – ADLE Edizioni – Padova
•    Associazione Internazionale Via Francigena – Topofrancigena
Utilizzando un paragone “informatico” chiameremo il fascio di percorsi tracciato a seguito delle attività di cui sopra “Versioni 1.x”.

La versione 2.0
Nel 2005 l’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) avviò un’attività di studio e rilievo del percorso pedonale della Via Francigena. L’obiettivo era quello di mettere ordine tra le varie proposte di percorso, che spesso proponevano itinerari diversi lungo gli stessi tratti, disorientando i pellegrini.
L’AEVF raccolse dalle Amministrazioni Locali tutte le proposte di percorso, le integrò con il materiale disponibile sulle Guide cartacee, e consegnò il materiale ad Alberto Conte, che in qualità di consulente tecnico analizzò il materiale ed effettuò i sopralluoghi lungo l’itinerario, per definire per ogni tratto la soluzione migliore, o comunque il miglior compromesso.
Il lavoro venne completato nell’Aprile del 2006, quando furono consegnate all’AEVF le mappe che descrivevano il percorso, che furono pubblicate sul sito www.viefrancigene.eu,  e una relazione tecnica che indicava le criticità dell’itinerario in termini di sicurezza e di attraversamento di proprietà private.

La versione 3.0
Nel Dicembre 2006 la DG Paesaggio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) avviò un progetto di posa in opera della segnaletica direzionale lungo il percorso pedonale della Via Francigena. L’attività si svolse in coordinamento con AEVF, che decise di condividere con il MiBAC il percorso pubblicato.
Il MiBAC conferitì alla società itinerAria l’incarico di effettuare un’ulteriore analisi per trovare una soluzione ai principali problemi di sicurezza, definendo un percorso che fornisse garanzie di sicurezza adeguate all’istallazione della segnaletica.
In questa fase l’attività di itinerAria si concentrò sui nodi critici fondamentali della versione 2.0 del percorso. Inoltre nel frattempo alcune Amministrazioni si attivarono autonomamente per migliorare la percorribilità dell’itinerario, mettendolo a disposizione del MiBAC.
L’analisi del percorso e i relativi sopralluoghi si competarono nel mese di Agosto del 2007, quando itinerAria consegnò al MiBAC la versione 3.0 dell’itinerario, in cui la gran parte dei problemi di sicurezza e percorribilità della versione 2.0 era stata risolta.
La versione 3.0 venne quindi utilizzata per il progetto preliminare della segnaletica direzionale, che venne sottoposto ai proprietari e ai gestori delle strade (Province, Comuni, privati) contestualmente alla richiesta di autorizzazione alla posa dei cartelli.

La versione 3.1
Nella gran parte dei casi la richiesta di autorizzazione ebbe un esito immediatamente favorevole, talvolta invece il proprietario (privato o Amministratore) negò l’autorizzazione, o chiese delle modifiche al percorso.
Nel frattempo la Direzione Beni Librari del MiBAC aveva avviato i lavori di rilievo puntuale con GPS del percorso pedonale, per redigere la nuova Guida descrittiva ed elaborare la cartografia digitale. Durante il rilievo fu quindi possibile valutare le richieste di variante che arrivavano dai territori, per verificarne le caratteristiche di sicurezza e compatibilità.
Tali attività si svolsero in stretto coordinamento con le Amministrazioni Locali, per arrivare a un percorso condiviso su cui potesse essere autorizzata l’installazione della segnaletica.
Il risultato fu la versione 3.1 dell’itinerario, che rappresentava un’evoluzione del percorso precedente, e che fu pubblicata on line sul sito www.francigenalibrari.beniculturali.it nella seconda metà del 2008.
Il percorso venne quindi approvato il 31 Marzo 2009 dal Comitato Scientifico della Consulta degli itinerari storici, culturali e religiosi, e quindi definitivamente ufficializzato il 13 novembre 2009, con la nota a firma congiunta del  Ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, e del Ministro per le Politiche Agricole, Luca Zaia.

Le varianti e i percorsi alternativi
Oltre alla “certificazione” del percorso ufficiale, nella riunione del 31 marzo 2009 fu approvata una procedura di gestione delle varianti.
La grande complessità del percorso italiano della Via Francigena, che con i suoi 1000 km è uno degli itinerari pedonali più lunghi d’Europa, nonché la contiguità e le continue intersezioni con la rete stradale ordinaria, richiedono una continua attività di miglioramento del percorso.
Appena pubblicata la versione 3.1 numerose Amministrazioni e Associazioni si sono quindi attivate per migliorare la sicurezza per i pellegrini, risolvere problemi di attraversamento di proprietà private, valorizzare edifici di interesse storico e religioso lungo l’itinerario.
Inoltre in alcune zone si è presentata l’opportunità di tracciare percorsi alternativi che dipartendosi dal percorso ufficiale consentissero di raggiungere luoghi di interesse religioso o storico, per poi ricongiungersi con l’itinerario ufficiale.
La segreteria del Comitato Scientifico della Consulta ha quindi ricevuto varie richieste di integrazione e modifica del percorso, che sono in corso di valutazione e che saranno sottoposte al Comitato nelle prossime riunioni.

Un itinerario in continua evoluzione
Dopo l’intenso lavoro di tracciatura effettuato delle Amministrazioni centrali e locali, l’attuale itinerario della Via Francigena rappresenta probabilmente il miglior compromesso possibile oggi per garantire una sufficiente sicurezza ai pellegrini utilizzando i percorsi esistenti, senza costruire nuove infrastrutture e riducendo al minimo l’attraversamento di proprietà private.
Le Amministrazioni Locali stanno lavorando per migliorare la sicurezza e la percorribilità, ad esempio costruendo marciapiedi o piste ciclopedonali protette nei tratti in promiscuità con il traffico automobilistico, o concordando con i proprietari il passaggio su proprietà private. L’itinerario è quindi destinato a cambiare in modo significativo, in un processo di miglioramento continuo, analogamente a quanto è successo nei primi anni di sviluppo del Cammino di Santiago.
In questa fase sarà fondamentale il coordinamento dei lavori tra le Amministrazioni Locali e gli organismi nazionali, affinché venga garantita l’uniformità delle caratteristiche del percorso e vengano salvaguardate le reali esigenze dei pellegrini.

Alberto Conte
itinerAria

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L’accoglienza “povera” e lo sviluppo della Via Francigena, di A. Conte

Dal 12 al 14 Marzo 2010 si è tenuto a Monteriggioni un corso per “hospitaleros voluntarios”, che nella prossima estate gestiranno alcuni ostelli lungo il Cammino di Santiago, e che potrebbero in futuro prestare servizio lungo la Via Francigena. Qual’è l’importanza del lavoro dei volontari per lo sviluppo economico dei territori attraversati da un grande itinerario culturale?  

Gli hospitaleros voluntarios

Ogni anno migliaia di persone dedicano un periodo del loro tempo libero alla gestione di un ostello lungo il Cammino di Santiago. Si tratta di un servizio volontario e non retribuito, il più delle volte gestito da associazioni locali di Amigos del Camino.

Gli hospitaleros voluntarios sono pellegrini che, dopo aver percorso il proprio cammino, decidono di partecipare attivamente allo sviluppo dell’itinerario più famoso del mondo. In genere lavorano per una o due settimane presso un albergue, gestendolo da ogni punto di vista: dall’accoglienza ai pellegrini alle pulizie, dal fare la spesa a fornire agli ospiti tutte le informazioni utili.

Gli ospitalieri sono eredi di una tradizione millenaria, che risale al Medio Evo, quando chi compiva un pellegrinaggio era considerato un ospite sacro, e come tale doveva essere accolto. Il loro ruolo è fondamentale per la salvaguardia dello spirito profondo del Cammino di Santiago, dell’atmosfera che avvolge il fiume di persone che ogni mattina si mettono in marcia verso la tomba dell’Apostolo.
La gratuità del servizio degli ospitalieri è in se un valore: in un mondo in cui tutto sembra avere un prezzo, l’incontro quotidiano di gesti gratuiti (il cammino del pellegrino, il lavoro dell’ospitaliere) è uno degli aspetti magici del viaggio verso Santiago, che lo rendono diverso da qualunque altro cammino.

Un rito collettivo

Il Cammino di Santiago è un rito collettivo che coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di persone, che si mettono in viaggio caricandosi sulle spalle uno zaino che contiene il minimo indispensabile per vivere, e simbolicamente si tolgono di dosso i macigni che appesantiscono la loro vita quotidiana: il lavoro, gli impegni familiari e sociali, l’apparenza, i debiti, i soldi.

Provano l’ebbrezza di una vita semplice e libera, trascorrono le giornate con persone come loro, da cui si sentono accolti e capiti. Si sentono parte di una comunità in cui non è importante quello che fanno, ma quello che sono.
I pellegrini condividono in una stessa giornata gli spazi sconfinati del Cammino e le camerate anguste degli ostelli, in cui le differenze di età, sesso, nazionalità, religione, classe sociale vengono appiattite: decine di persone abitano in pochi metri quadrati, senza alcuna difesa per la propria intimità. La fatica quotidiana stravolge l’aspetto fisico delle persone, che al loro arrivo negli ostelli condividono gli odori, i respiri pesanti, gli occhi gonfi al risveglio, i colori della biancheria intima stesa ad asciugare.
Pezzi della loro vita e della loro giornata, in genere salvaguardati gelosamente, escono dalla sfera privata per diventare di pubblico dominio. In questa situazione le barriere si abbattono, e l’assenza di difese rende unici i rapporti tra i pellegrini in cammino, e dei pellegrini con se stessi.

Il pellegrino in cammino prova una sensazione di libertà senza uguali, si avvicina all’essenza, che può trovare in se stesso, negli altri, nella religione, nella spiritualità, nella bellezza, o in tutte queste cose insieme. Allontana da se una quotidianità fatta spesso di apparenza e di falsità, governata da una cronica mancanza di tempo e da esigenze pratiche in cui il denaro assume un’importanza centrale.

Camminare diventa un gesto trasgressivo, con cui il pellegrino stravolge la scala dei valori che governa la società moderna: chi cammina non consuma e non produce. Viaggia leggero, il suo passaggio contribuisce marginalmente all’economia del territorio che attraversa, ma può avere un impatto importante sulla crescita culturale e personale delle persone incontrate lungo la via.

Le due anime del Cammino

Eppure il Cammino di Santiago è uno dei principali prodotti turistici europei, una risorsa che genera milioni di Euro di fatturato annuo, e che ha risollevato l’economia di alcune aree tra le più povere della Spagna, come la Galizia.

Come è possibile la convivenza tra le due anime del Cammino di Santiago, quella no-profit/low cost dei volontari e dei pellegrini a piedi, e quella profit degli operatori turistici al servizio dei turigrini (così vengono chiamati i turisti lungo il Cammino)?
Nella risposta a questa domanda risiede uno dei segreti del successo del Cammino, e per questo è importante che chiunque si occupa della Via Francigena abbia ben chiari i meccanismi che governano l’economia del pellegrinaggio verso Santiago.
Le attrattive che rendono indimenticabile il Cammino di Santiago non sono le meravigliose chiese, i paesaggi sconfinati, il silenzio dei villaggi, i sapori dei cibi che si possono gustare. Tutto ciò è molto bello, ma certo non unico: se pensiamo al mix di paesaggio, storia, cultura, religione che caratterizza il percorso della Via Francigena, l’itinerario spagnolo non regge il confronto.
La magia del Cammino di Santiago risiede nel flusso ininterrotto di persone che lo percorrono ogni giorno dell’anno. La fatica, il sudore, il dolore che si mescolano senza soluzione di continuità con il sorriso, l’emozione, la bellezza.

L’economia del Cammino di Santiago è fondata sul flusso di turisti che da tutto il mondo raggiungono il nord della Spagna attratti dalla suggestione, dal fascino misterioso, dai racconti, dalla bellezza dell’immagine del fiume di persone in cammino. In questo senso il Cammino di Santiago coincide con i pellegrini che lo percorrono e gli danno vita, passo dopo passo.
I pellegrini non transitano lungo il Cammino: loro sono il Cammino.  
Le 150.000 persone che nel 2009 hanno raggiunto Santiago a piedi o in bicicletta hanno contribuito solo in parte al fatturato dell’industria turistica spagnola: l’indotto di turisti che hanno viaggiato in auto, moto, autobus, è stato almeno 10 volte superiore, con una spesa media giornaliera ben più alta.
Tuttavia chi conosce la fisica sa che non può esistere l’indotto senza l’induttore, e quindi non esisterebbe il turismo lungo il Cammino di Santiago senza i pellegrini a piedi. Non esisterebbero i numerosissimi alberghi, B&B e pensioni che accolgono i turisti a prezzi di mercato senza gli ostelli che ospitano i pellegrini per pochi Euro al giorno.

Chi vuole sviluppare la Via Francigena come itinerario turistico e culturale deve quindi comprendere che la pretesa di richiamare i turisti prima di creare un flusso continuo e numeroso di pellegrini a piedi è velleitaria, significherebbe mettere il carro davanti ai buoi. Il potenziale economico del “prodotto” Via Francigena è enorme, ma non si potrà esprimere senza lo sviluppo della microeconomia dell’accoglienza a basso costo, in cui il ruolo dei volontari sarà determinante.

Il corso di Monteriggioni

Le considerazioni di cui sopra stanno alla base del corso che si terrà in Toscana dal 12 al 14 marzo, organizzato da itinerAria con il sostegno del Comune di Monteriggioni.
Sette veterani spagnoli, membri dell’organizzazione spagnola Hospitaleros Voluntarios, che gestisce una ventina di ostelli lungo il Cammino di Santiago coordinando il lavoro di più di 3000 volontari, terranno un corso di formazione dedicato agli aspiranti ospitalieri italiani.

Il corso, presentato alla fine del 2009, ha avuto un successo inatteso: a fronte di una ventina di posti disponibili sono arrivate numerosissime richieste, tanto che le iscrizioni sono state chiuse con largo anticipo e il numero totale dei partecipanti è stato portato a 25. Molti “novizi” che non potranno frequentare il corso in Italia si recheranno direttamente in Spagna, dove si affiancheranno per qualche giorno a un veterano prima di gestire personalmente un ostello.
Dopo il corso, i volontari sceglieranno un periodo di due settimane in cui saranno disponibili a lavorare in un albergue spagnolo.

L’obiettivo del corso è quello di creare un nucleo di ospitalieri che dopo l’esperienza spagnola siano disponibili a ripetere l’esperienza in Italia, lungo la Via Francigena.
A tale scopo però è fondamentale che le Istituzioni e le Amministrazioni Locali comprendano l’importanza del lavoro volontario, creando i presupposti per lo sviluppo di un’accoglienza “povera”.
Scuole, oratori, palestre, ambulatori, caserme, edifici pubblici sotto-utilizzati o abbandonati potrebbero diventare dei validi posti tappa lungo la Via Francigena, e con un minimo investimento potrebbero svolgere una funzione di utilità sociale.

Ciò richiede però una strategia precisa, e un coordinamento forte, in grado di incidere sulle normative e sulle leggi nazionali e regionali, che spesso ostacolano la creazione di strutture non classificabili con i criteri della ricettività turistica.

Un contributo determinante deve essere fornito anche dagli operatori turistici, che nelle strutture di accoglienza spartana non devono vedere una minaccia bensì una straordinaria opportunità di sviluppo: la rete degli ostelli economici deve essere vista come parte di un’infrastruttura viaria. Una strada verde, da costruire anno dopo anno con un “cantiere della bassa velocità” che potrebbe cambiare radicalmente il territorio, una volta tanto migliorandolo, anziché devastarlo.

Alberto Conte