Via Francigena

Baccelli sulla carreggiata

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Redazione AEVF

Il maggio scorso, tra Sarzana e il mare, seguivo con millimetrica precisione la banchina della provinciale. Troppe auto a sinistra, troppe canne palustri sporgenti a destra. La bici con le borse, bersaglio facile per gli scalmanati in corsa per un posto sul bagnasciuga, col primo sole. I baccelli erano ovunque, difficile schivarli. Fave e piselli. Le tracce inequivocabili dei motocarri portavano ai campi al lato della strada, dove era in corso la raccolta. La traccia si perdeva oltre Marinella e Carrara, tra  stabilimenti balneari e porto dei marmi, nel traffico ancora più caotico.

Volendo pedalare da Sarzana a Roma sulla via Francigena, potevo scegliere tra una via filologica, pedemontana, nel labirinto motorizzato della conurbazione Sarzana-Avenza-Massa, oppure potevo mettermi nei panni di un pellegrino all’alba dell’anno 1000: cosa avrebbe fatto, potendo scegliere, lo scudiero dell’arcivescovo Sigerico? Avrebbe rischiato di azzoppare la sua cavalcatura su una strada irta di insidie, oppure avrebbe scelto una tranquilla ippovia litoranea? Ci fosse stata, nel X secolo, l’avrebbe scelta, ma non c’era. Oggi invece c’è il suo equivalente per la “due ruote”: una comoda e riposante ciclopista che dal Cinquale porta fino a Pietrasanta. Poco filologica, ma non è detto. Nicholas de Munkathvera – abate islandese e pellegrino qualche tempo dopo il celeberrimo Sigerico – notò e lodò le spiagge della Versilia.

Quelle, a dire il vero, non ci sono più. Non come le vide Nicholas, e nemmeno come le vide e visse, meno di cent’anni fa, Gabriele d’Annunzio, inventore della villeggiatura balneare e poeta. Un ultimo lembo di quella meraviglia rimane all’oasi WWF di Vittoria Apuana, dove barricate ambientaliste proteggono un ultimo residuo di duna litoranea, dove se è fortunato, il pellegrino coglie, passando, l’attimo fuggente della fioritura del vilucchio di mare.

Appena oltre la torre della colonia FIAT, a Marina di Massa, ho ricominciato a seguire la pista dei baccelli, che non erano più sulla carreggiata, bensì erano offerti a modico prezzo accompagnati da pecorino a una festa paesana e ruspante di Rifondazione Comunista. Ma può una sedicente pellegrina sulla via Francigena cedere alla tentazione di fermarsi davanti a un piatto di baccalà marinato, per giunta servito da mani autentiche di cavatore, con probabili inclinazioni anarco-insurrezionaliste?
La risposta è, naturalmente, sì, la pellegrina si ferma eccome, si cala nel reale, nel qui e ora, al ritmo della colonna sonora tutta rocchettara della festa paesana. Lo scudiero di Sigerico avrebbe fatto altrettanto.