A Berceto fino al 13 settembre si può sostare per «gustare l’arte». Quarantaquattro artisti sulla strada del gusto e dell’arte, lungo la via Francigena che va da Roma a Canterbury e che in questo caso interessa solo la tratta italiana, con tutti i comuni aderenti all’iniziativa promossa dall’Associazione Sentieri dell’Arte e patrocinata dall’Associazione Europea Vie Francigene.
Li troviamo esposti in ordine topografico (dalla Valle d’Aosta a Roma) nella mostra al Museo Pier Maria Rossi di Berceto, una delle tappe più significative di un percorso che vuole valorizzare le tradizioni del gusto associate a quelle dell’arte figurativa; quindi ricette sui tavoli e pitture, sculture, fotografie, installazioni nelle sale. Una dedicata a 9 artisti bercetesi: Claudia Tebaldi con una natura morta pop a confronto con quella tradizionale di Maria Manghi, Mara Carrescia con il suo “Volto d’anziana” a celebrare i depositari della tradizione, come fa Giuseppina Pioli con l’intenso ritratto del nonno a puntasecca su lastra di zinco. Alan Alfieri evoca la figura dello “Spaccapietre” con segno marcato, espressivo, Luciana Zucchelli dipinge volti femminili lunari, evocativi e Paolo Delpiano si spinge nell’astrazione estrema, geometria di linee purissime, mentre Giuseppe Bigliardi, anche lui molto sintetico e simbolico propone la “Babele”, struttura di legno e piombo con la scritta Genesi in tutte le lingue e il numero 01, ovvero la lingua binaria, a ricordare come la via sia da sempre stata il mezzo di comunicazione, nel Medioevo come e forse più di ora. Infine due sculture differenti per stile e per dinamica nello spazio ma unite nel segno del cammino e della fede che conduce: il bozzetto ligneo per la statua di S. Moderanno di Claudio Marchetti e “il Pellegrino” in trucioli di ferro dipinti di Pino Carcelli.
Da segnalare l’imponente scultura de “Il viandante” di Mario Tonino di Carema, gigante di terra uscito dalla fantasia di Tolkien, “Il mercato delle donne” del piacentino Alberto Gallerati, vago ricordo di Guttuso ma con figure tra la ferma iconicità di Campigli, la composta bellezza di Cassinari nei volti e la gioiosa esuberanza corporea di Botero.
A fianco un suggestivo quadro dalle tinte ocra e i corposi spessori a spatola del fidentino Rino Sgavetta rievoca il passo del viandante a cavallo “Sulla via Francigena”, mentre il fornovese Ermanno Ponzi apre “Una finestra sul Taro” da dove entrano solo le tinte delle emozioni, del fango e della sera, informi sensazioni. Nell’altra sala s’ammira l’ariosa natura morta dell’acquerellista inglese Jannina Veit Teuten che aveva già presentato una personale in questa sede, quindi l’intenso “Angelo del pellegrino”, dalle linee in stile “Scuola romana” dell’artista, poeta, scultore Massimo Lippi di Siena. Il pontremolese Luciano Preti propone un’arca bronzea con lo sfondo di un sole ripreso da un arredo liturgico barocco, mescolando tempo e spazio e creando la dimensione di un viaggio eterno, tra aldiqua e aldilà, tra passato e futuro, umano e divino. Roberto Joppolo di Viterbo ha dipinto una sinfonia di corpi intrecciati, puzzle colorato che è abbraccio universale e corale preghiera di vita e d’amore, la stessa fusione che si ritrova nelle sue celebri sculture. E questa commistione introduce all’interessante collaterale al secondo piano con le opere delle creative del “Parma Patchwork Club” che celebrano l’arte e il gusto della via Francigena con lavori non più definibili come mero artigianato. Nell’anno dell’Expo, ecco l’esaltazione delle eccellenze italiane lungo la via da sempre più famosa d’Europa.
Manuela Bartolotti su Gazzetta di Parma