C’è chi ha la Via Francigena dietro casa e per molto tempo vive senza saperlo. A Monica Nanetti è successo l’opposto: la sua città, Milano, è lontana dal sentiero di Sigerico, ma è bastato sentirne parlare una volta per maturare, in qualche anno, la decisione di esplorarlo, su due ruote. Così qualcosa è cambiato. Anzi, molto.
Guida alla lettura
- Il primo viaggio lento, da Aosta a Roma
- La Via Francigena ha una marcia in più
- La scoperta del tratto in Svizzera e la prima Guida
- Sette anni dopo
- Via Francigena, rimani come sei!
Il primo viaggio lento, da Aosta a Roma
In queste storie della Via parliamo di persone che camminano sulla Francigena e di persone che la animano in vari modi: offrendo accoglienza, costruendo panchine all’ombra, pulendo i sentieri, valorizzandola. Monica appartiene a entrambe le categorie ed ha cominciato sia a percorrerla che a raccontarla quando i Cammini in Italia erano praticamente sconosciuti e il turismo lento esisteva ma non aveva nome e cognome. “Io ho saputo della Via Francigena molti anni fa, poteva essere il 2012”. Giornalista di viaggio, partecipa ad un evento per la stampa in Svizzera, e passando dal Gran San Bernardo qualcuno le mostra l’Ostello dove alloggia gran parte dei pellegrini e le descrive il lungo itinerario di quella Via che arriva da Canterbury.

Sono quei momenti che possono passare senza conseguenze o provocare una svolta. Monica trattiene l’attimo e questo influirà notevolmente sui suoi anni futuri, anche se ancora non può saperlo.
“All’epoca non camminavo né andavo in bici – racconta – ma questa cosa mi lavorava nel cervello e nel 2017 ho deciso di fare un viaggio diverso dal solito”.
La scelta più immediata sarebbe Santiago ma se ne parla molto, forse troppo – è la sensazione – mentre nei ricordi sono sempre vivi quell’ostello sul confine tra Svizzera e Italia e la vicenda di un certo Sigerico e dei pellegrini nei secoli. E allora si parte per la Francigena, da Aosta a Roma, ed è subito amore. Molteplice.
La Via Francigena ha una marcia in più
“Quello che ho scoperto della Francigena nel 2017 non è la sua esistenza ma la sua bellezza. È stato il mio primo viaggio lento, ho scelto di farlo in bici perché non avevo il tempo di percorrerlo tutto a piedi e anziché ridurre i chilometri ho pensato usare un mezzo che mi permettesse di arrivare fino a Roma”. È una doppia rivelazione. “Mi sono innamorata della modalità e soprattutto del percorso. È stato amore a prima vista, un’esperienza pazzesca, ogni giorno un pieno di meraviglie”.
Oggi Monica ha vissuto l’itineranza in tanti altri luoghi ma tante nuove esperienze non hanno fatto che confermare l’entusiasmo della prima.
“Ho capito che la Via Francigena è un percorso speciale, ha profondità di spunti, ricchezza di elementi, varietà di panorami che non si trovano altrove. Ha proprio una marcia in più”.
La scoperta del tratto in Svizzera e la prima Guida
La scoperta di questo nuovo modo di muoversi e di viaggiare genera una piccola rivoluzione professionale. Monica, infatti, oggi è una specialista del viaggio lento e soprattutto del viaggio su due ruote, che descrive nel blog intitolato “Se ce l’ho fatta io”, in cui racconta le sue esplorazioni con abbondanti dosi di autoironia, grande accuratezza e forte capacità di coinvolgimento, facendo presa, prima di tutto, sul fatto di essere non un’atleta ma una donna normale, neanche particolarmente sportiva, per cui se una come lei può andare in giro pedalando alla scoperta di quando è bello il mondo possono farlo tutti.

Lei, intanto, nel 2017 pedala da Aosta a Roma e torna entusiasta. Quello che ha visto e conosciuto non le basta. Torna al Gran San Bernardo per percorrere, stavolta a piedi, il pezzo mancante fino ad Aosta, poi comincia a esplorare altre tratte e si rende conto che anche la parte svizzera è tutta da scoprire.
“Era, forse è ancora, poco conosciuta ma oggettivamente bellissima. Allora ho proposto a un editore di realizzare una guida specifica. Sono partita con zaini e macchina fotografica, dal confine francese al Gran San Bernardo, molto lentamente perché fotografavo, scrivevo e mi documentavo”.
Percorre così 260 chilometri (varianti incluse) e pubblica nel 2020 La Via Francigena svizzera. Dalla Francia all’Italia in 11 tappe, Morellini Editore, che è stata la prima Guida sulla parte elvetica del Cammino di Sigerico. Altri suoi lavori parleranno ancora della Francigena, ma il primo non si scorda mai. “Qualche anno dopo – aggiunge Monica – sono tornata nell’ultima tratta con una delegazione e ho avuto la riconferma della spettacolarità di questi posti. Anche se abbiamo dovuto fare 2000 metri di dislivello in 3 tappe”. Ma se ce l’ha fatta lei…
Sette anni dopo
Monica coglie un aspetto cui non avevo mai pensato, verissimo: “La cosa buffa della Via Francigena è che ci ricapiti continuamente, magari facendo piccoli tratti, seguendo varianti, con compagnia diversa”. E lei nel 2024 decide di rifare il percorso del 2017, con alcuni amici.
“Per alcuni di loro era la prima esperienza, per me e per la mia compagna del viaggio di allora c’era la voglia di scoprire che effetto ci avrebbe fatto 7 anni dopo”. Partono a maggio, arrivano in 17 giorni, con tante novità e tante conferme. “Si è confermato che il percorso è interessante, che ho meno fiato e meno gambe, che in 7 anni la Francigena è cambiata tantissimo. Prima, molti paesi che erano sul percorso non ne erano consapevoli, adesso c’è un’identità molto più forte, più strutture e servizi”.


Gli amici che hanno vissuto questa esperienza per la prima volta – tra cui Giovanni Storti, appassionato di bici, montagna e soprattutto grande difensore della sostenibilità – sono rimasti incantati.
“Sulla Via Francigena non c’è una tappa che sia uguale all’altra, hai continui stimoli; chi la percorre la prima volta resta inevitabilmente a bocca aperta, è stato divertente viverla con i loro occhi, un po’ li invidiavo. Ci sono realtà come Bagno Vignoni che sono bellissime di suo ma arrivarci con le proprie gambe è ancora più magico”.
“Perché prendere un aereo quando abbiamo sottocasa qualcosa di straordinario?”
Volendo, Monica ha ancora parecchio da pedalare: la Via Francigena nel Sud, di cui ha percorso solo una piccola parte come ambassador del Road to Rome, nel 2021, quando abbiamo camminato insieme l’ultima tappa fino a Santa Maria di Leuca. “I tempi stanno maturando per percorrerla tutta in bici, c’è da lavorare ma ho la sensazione che le potenzialità inizino a svilupparsi e sono assolutamente straordinarie. È solo questione di tempo”. Mi auguro che, tra qualche anno, una Guida sul tratto Roma-Santa Maria di Leuca su due ruote si possa aggiungere a quelle che lei ha già pubblicato con l’obiettivo chiaro di diffondere il bello.
“Mi viene istintivo dire: abbiamo una meraviglia sottocasa, sappiatelo. Perché prendere un aereo quando abbiamo sottocasa qualcosa di straordinario?”.
Via Francigena, rimani come sei!
Le differenze che ha osservato tra i due viaggi fanno dire a Monica che questo Cammino, oggi, è in piena maturità.
“Questo momento è un momento magico per la Via Francigena, perché è abbastanza sviluppata da offrire strutture e servizi che anni fa non c’erano ma senza l’affollamento e, per così dire, l’industrializzazione che ha il Cammino di Santiago, che a me sembrano eccessivi”. Il confine tra migliorare e snaturare è, a volte, sottile, adesso va fatta la massima attenzione a riguardo. “In alcuni tratti, soprattutto in bici, capitano cambi di percorso un po’ forzati, che non hanno facilitato né migliorato. Per ora c’è equilibrio, la Via è abbastanza sviluppata e orientata al pellegrino ma non così tanto da snaturarsi. È importante che la Francigena rimanga se stessa”.
Il futuro per una Via che ha un’identità così unica non è inseguire un altro modello ma preservare il proprio. Chi sceglie il viaggio lento contribuisce allo sviluppo del territorio e riceve, in cambio, il calore e l’autenticità dell’accoglienza diffusa, ma deve essere disponibile a investire il giusto.

Ecco, la giusta misura, il mantenimento di certa armonia e certa dimensione, sono il presente e il futuro della Via Francigena, con buona pace di chi vorrebbe arrivare ai numeri del Cammino di Santiago. “Farla diventare una cosa da 500 mila persone l’anno? Secondo me è un peccato”.