Santhià scopre un nuovo turismo, quello religioso-spirituale, grazie ai pellegrini della Via Francigena che ogni anno, in centinaia, si fermano nei vari punti di accoglienza della città, per poi proseguire il percorso. A offrire qualche dato su un fenomeno in continua crescita è l’associazione Amici della Via Francigena di Santhià, presieduta da Renzo Manuello, che come tutti gli anni rende noti i flussi dei turisti-pellegrini che visitano, seppur solo per qualche giorno, le nostre zone.
«Partiamo col dire che il numero dei passaggi è in aumento – spiega Mario Matto, segretario del sodalizio – ma bisogna fare una distinzione tra chi viene in ostello e chi sceglie altre tipologie di pernottamento. Nel primo caso i dati indicano una crescita di circa il 20% rispetto al 2013, con un numero totale di 306 pellegrini ospitati. Altro discorso, invece, riguarda chi percorre la Via Francigena e si ferma a Santhià in alberghi, agriturismi e bed and breakfast: in questo caso la crescita è stata sicuramente più alta, anche se non possiamo quantificarla con esattezza».
L’indotto economico
Indicativamente i pellegrini-turisti-ciclisti di questo percorso di fede che sono passati da Santhià nel 2014 (anche se non necessariamente hanno pernottato) potrebbero sfiorare quota mille Via Francigena vuol dire condivisione di un percorso, sia religioso che spirituale è anchesinonimo di un’economia da non sottovalutare, soprattutto se i pellegrini preferiscono avere una maggiore privacy e pernottare in strutture diverse da quella a donativo che offre Santhià. Intorno alla Via Francigena e all’ostello si incontra un mondo particolare e variegato, fatto da persone per lo più straniere (il 70% proviene dall’estero, soprattutto da Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Spagna) e con età media oltre i 40 anni. E in questo percorso non mancano i ringraziamenti, come quello di Alexandra, giovane russa ospitata pochi giorni fa, che sul diario dell’ostello ha scritto come «l’ospitalità di Santhià sia stata come una goccia di miele nel cuore».
Valentina Roberto
Fonte: La Stampa