Via Francigena

VA08 - Da Castell'Apertole a Vercelli

VA08 - Da Castell'Apertole a Vercelli

Traccia Gps

Traccia Gps

  • Partenza: Castell’Apertole
  • Arrivo: Vercelli
  • Lunghezza: 28,7 km
  • Difficoltà a piedi: Impegnativa

Percorso temporaneo, causa interruzione del precedente tracciato

 

La tappa successiva è Leri, nell’agro vercellese, una delle grange vincolate all’Abbazia di Lucedio: le grange erano organizzazioni agricole nate nel XII secolo grazie ai monaci benedettini cistercensi, in collaborazione con conversi e contadini. Nel 1807, con l’annessione del Piemonte alla Francia, Napoleone lasciò il complesso dei possedimenti al principe Camillo Borghese, che a sua volta lo cedette a una società; quando questa si sciolse, una parte della grangia venne acquistata da Camillo Benso di Cavour, che la trasformò in azienda modello con l’impiego di tecniche agricole d’avanguardia. Da non trascurare la Chiesa della Natività di Maria Santissima, sulla quale intervenne anche l’architetto Francesco Gallo, colui che costruì l’imponente e ardita cupola del Santuario di Vicoforte a Mondovì.

Si giunge quindi a Castelmerlino, altra grangia che, pur nella sua modestia, è dotata di una chiesetta in muratura a vista, dedicata a San Pietro, originale per la sua pianta ottagonale e costruita dall’architetto Carlo Antonio Castelli in un solo anno, tra il 1724 e il 1725: tale planimetria è accostabile a quella del al vicino Santuario della Madonna delle Vigne, oggi in stato di degrado.

Darola, infine, è la grangia con maggior superficie a risaia e ha una planimetria a corte chiusa di ampia estensione. Ben conservato è il torrione di ingresso con la porta carraia e la pusterla che, in origine, erano dotate di ponte levatoio e della passerella “giornaliera”, sempre abbassata per il passaggio pedonale. La settecentesca Chiesa di San Giacomo, realizzata anch’essa dal Castelli, conserva un’antica icona della Vergine e una aggraziatissima Natività dipinta dal domenicano Luigi Francesco Savoia, pittore della seconda metà del secolo scorso che ha lasciato molte sue opere presso la Chiesa di San Domenico a Torino.

Una piccola deviazione dall’itinerario principale porta all’Abbazia di Lucedio: nel 1123, su terra incolta, si insediarono qui alcuni monaci cistercensi provenienti dall’abbazia francese di La Ferté e si ipotizza che il toponimo sia derivato da lucus dei, ossia “bosco sacro”. I monaci resero fertile e produttivo il territorio, disboscando, dissodando e sfruttando la ricchezza d’acqua che consentì la coltivazione del riso. Da questa grangia abbaziale ne ebbero origine altre otto: Darola, Castelmerlino, Leri, Montarucco, Montarolo, Ramezzana, Pobietto e Montonero. Il complesso abbaziale del XII secolo è ancora individuabzile in diversi edifici, ma i più significativi sono la Sala capitolare e la Torre campanaria, a base quadrangolare dalla quale emergono quattro sezioni ottagonali delimitate da cornici marcapiano con archetti pensili; l’Abbazia originaria, intitolata a Santa Maria di Lucedio, fu riedificata nel 1766 e dal 1787 ebbe il titolo di Santissima Vergine Assunta; la cosiddetta Chiesa del Popolo (1741), a disposizione dei laici e dei contadini, è ancor oggi in attesa di recupero.

A questo punto il cammino porta a Ronsecco, il cui primitivo insediamento sorse nei pressi del Santuario del Viri Veri, fu abbandonato nel XII secolo e ricostruito nell’attuale sito intorno al 1660 sotto l’episcopato del vescovo di Vercelli Uguccione. La località, il cui toponimo risale a Roncho sicho Ronchum sicum con il significato di luogo incolto e arido, è oggi immersa nel paesaggio a risaia fra rogge, sorgive e cascine. La Chiesa di San Lorenzo, edificata nel Quattrocento, ha subito un radicale restauro nel 1857; la denominazione del già citato Santuario del Viri Veri, eretto alla fine del Cinquecento, deriva presumibilmente da villa vetus: il luogo è legato alla liberazione del paese dall’epidemia di colera del 1867 e oggetto di grande venerazione è la statua dell’Assunta; databile alla fine del XIV secolo è la presenza di un castello dovuto ai guelfi vercellesi della famiglia Bondonni e attualmente in restauro.

Arriviamo a Lignana, la cui prima attestazione risale al 1034, mentre una ecclesia è citata a partire dal 1156 già con il titolo di San Germano. Nel Trecento la località venne infeudata alla famiglia dei Corradi, che ne rimasero signori incontrastati fino alla metà del Seicento; a testimoniarne il prestigio resta il Castello, oggi adibito ad azienda agricola: la parte meglio conservata, di forme tardo medioevali, è sicuramente il fronte caratterizzato da una massiccia torre-porta, ampie caditoie e feritoie che servivano alla manovra di due ponti levatoi per la porta carraia e la pusterla. La Chiesa di San Germano, ristrutturata a più riprese ma con ancora cornici marcapiano romaniche, conserva all’interno, fra i tondi di santi della volta, il ritratto del Beato Ardizio dei Corradi di Lignana, fra i primi seguaci di San Francesco d’Assisi.

Casalrosso è una frazione di Lignana. Già dal 1348 è segnalata la vicina Ecclesia de casali Rubeo – oggi Chiesa del Santissimo Salvatore -, che subì diversi rifacimenti sino al 1815, quando assunse lo stato attuale: conserva ancora un interessante pulpito del ‘600.

Eccoci infine a Larizzate, un tempo grangia e luogo di difesa come avamposto delle mura di Vercelli: ancora oggi sono ben visibili le torri cilindriche e parti di un castello; la chiesa è dedicata alla Santissima Vergine Assunta. Da qui proviene un documento, datato 27 agosto 1493, che, per la prima volta, segnala la coltivazione del riso nel territorio vercellese.


 
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