Via Francigena

Filattiera

Filattiera

Filattiera è considerata l’antica porta appenninica della Lunigiana.

Il territorio dell’odierno comune di Filattiera comprende due diverse realtà storiche, di cui resta traccia nei caratteri delle più antiche abitazioni conservate in uso: i villaggi rurali del borgo murato di Filattiera – appartenuti, dal secolo XIII alla metà del XVI, al feudo dei Malaspina dello Spino Fiorito e, poi, alla Repubblica di Firenze, fino all’Unità d’Italia – ed i possedimenti dei “signori” di Rocca Sigillina, rimasti a lungo indipendenti e per questo obbligati a contrarre alleanze politiche secondo l’opportunità delle circostanze.

Così, i primi risultano dislocati in margine ai ripiani agricoli di mezza costa o vicino ai corsi d’acqua, mentre gli altri hanno una morfologia compatta: il borgo arroccato sul crinale del Castello della Rocca, il borgo murato di Caprio, le borgate di Dobbiana, Ponticello, Vignola di Lusignana, Serravalle.

I resti delle case medievali dei secoli XIV e XV che vi si conservano ancora, richiamano, nell’ambito del distretto feudale dei Malaspina, le caratteristiche dell’abitazione rurale polifunzionale del resto della Lunigiana che ai vani destinati al riposo abbina, in soluzioni diverse, gli spazi per il lavoro, principalmente stalle, essiccatoi, fienili, cantine.
Sono insostituibili indicatori dell’epoca di origine le comici delle porte e delle finestre, più di quanto non lo sia la tecnica muraria, dato che i modi di costruire sono stati ben poco modificati prima dell’Ottocento.

Negli insediamenti legati alla “signoria locale” della Rocca, le case, anche quelle dei contadini, hanno carattere fortificato, pur presentando all’interno vani specializzati alle necessità dell’allevamento e dell’agricoltura. L’impianto più rappresentato è quello della casa-torre con ambienti abitativi accessibili dall’esterno solo al primo piano, che era possibile isolare con una certa facilità ritraendo la scala mobile.
Il piano terra poteva essere o collegato alla casa attraverso una botola ed utilizzato come scantinato, o realizzato, fin dalle origini, come stalla indipendente. In seguito all’unificazione dei territori di Filattiera e di Rocca Sigillina, sotto il Granducato di Toscana (1650), l’attività edilizia, che dopo il Medioevo sembra aver subito un sensibile rallentamento, registra una ripresa significativa.

Le nuove costruzioni non sono più piccole case di coloni, contadini, allevatori ed artigiani, ma grandi ville, con giardino e parco, dei maggiori proprietari terrieri, che, nel frattempo, avevano concentrato su di sé il possesso delle terre coltivate.L’organizzazione degli spazi interni riproduce i caratteri di vere e proprie aziende agricole, con stanze adibite ad abitazione ed alla vita di società, ma anche ad attività di trasformazione e di stoccaggio dei prodotti agricoli. Alcune ville sorgono in margine ai nuclei medievali, come a Caprio, altre si sovrappongono ad essi e li inglobano senza nasconderli del tutto, come a Canale, a Viceto ed a Ponticello.

Molte delle case più umili vennero risistemate nello stesso periodo. I principali interventi risultano rivolti a sfruttare meglio gli spazi costruiti, ridistribuendo le funzioni all’interno dell’isolato con l’apertura di collegamenti fra vani contigui, e rompendo l’unitarietà e la verticalità d’uso della casa medievale. Ciò comporta la modifica delle aperture, dotate di nuove cornici, e nuove opere murarie di riassetto complessivo, come i passaggi che scavalcano le mulattiere o gli spiazzi lastricati per la battitura del grano.

Questo processo di modifica, che ha nel XVIII secolo la sua massima fioritura, perdura per tutto l’Ottocento ed oltre, con riprese corrispondenti alle riparazioni dai danni dei terremoti, rese queste ultime ben riconoscibili dai cordoli in mattoni.

Storia

Periodo Preromano – dal 3000 al 150 a.C.

Già nell’Età del Rame (circa 3000 anni a.C), alcune tribù di allevatori si erano stanziate stabilmente nella valle. Si trattava di villaggi, probabilmente costituiti da poche capanne di legno stuccate di argilla, distribuiti lungo la grande via di comunicazione che ha, sempre, collegato il Mar Tirreno alla Pianura Padana.

Gli uomini eneolitici della Lunigiana praticavano un culto della figura umana che si esprimeva scolpendo, in modo stilizzato, figure femminili e maschili nella pietra. L’arenaria-macigno usata veniva lavorata con strumenti di pietra molto duri e tenaci, e le statue-stele che ne derivavano erano assai pesanti: in media dai 150 ai 300 chili. Perciò, anche dopo essere state abbattute, e spesso spezzate intenzionalmente per l’arrivo di nuovi culti, restavano sul posto e venivano sepolte poco lontano da dove erano state erette. A Filattiera, si vedono ancora statue-stele nelle frazioni di Scorcetoli e di Gigliana, ma sono state trovate anche sotto alla pieve di Santo Stefano, dove una di esse, mancante di testa, funziona ancora da pulpito.

Quando, nel 155 a.C., il console Claudio Marcello sconfisse le ultime resistenze opposte dai Liguri all’occupazione romana, trovò, a Filattiera, un villaggio di capanne posto sulla collina retrostante lo sperone di Castelvecchio, separata dalla “Selva”, l’unica via di facile accesso alla collina, con un profondo vallo artificiale, ancor oggi visibile. Gli abitanti sopravvissuti vennero deportati nel Sannio, come già trent”anni prima migliaia di Liguri-apuani. Sulla Selva si raccontava, fino dagli inizi del nostro secolo, una leggenda riguardante il “ballo dei morti”, la cui origine si è perduta nel tempo. È certo, invece, che i Liguri-apuani di Filattiera seppellissero le urne con le ceneri dei defunti ai piedi della collina, dove passa adesso la ferrovia.

 

Periodo Romano – dal I al III d.C.

Nel 109 a.C., il console Emilio Scauro che faceva tracciare una prima strada regolare per collegare la colonia romana di Luni, ed il suo porto, a quella di Parma e di Piacenza, trovò qui un ambiente pressoché abbandonato. Dovette passare del tempo affinché, dopo la pace instaurata dall”imperatore Augusto, sorgesse a Filattiera, sul terrazzo ai piedi della collina di Castelvecchio, al confine settentrionale del territorio di Luni, un particolare insediamento, il cui nome Sorano (Surianum) sta quasi certamente ad indicare il fondo, o podere, di un certo Surio.

I resti sono stati completamente scavati e rilevati, e per ora ricoperti, a causa delle forti sorgive di acqua che vi sono nel terreno. Qualsiasi cittadino dell’impero romano che fosse passato in quel periodo da Filattiera, come fece quasi certamente il medico dell’imperatore Claudio, avrebbe fatto una sosta in un edificio ad un solo piano, con un piccolo cortile centrale, contornato da magazzini e ricoveri per i cavalli. Era un complesso modesto, e privo di ricchezze architettoniche, rispetto alle ville private che esistevano in quel periodo intorno a Luni, ma assai più spazioso rispetto alle case rustiche dei contadini liguri che coltivavano le colline attorno alla città.

Le finestre avevano i vetri e, sulla mensa, i prodotti locali, come i formaggi, venivano serviti nel miglior vasellame prodotto dalle fabbriche di Arezzo e di Pisa, come nelle grandi città; i pochi bicchieri intagliati arrivavano dalla valle del Reno, e l’olio d’oliva dalla Spagna. Per circa tre secoli, la fattoria-locanda di Sorano ha continuato le sue attività, con alcune trasformazioni dell’edificio e cambiamenti nelle suppellettili, che provenivano, sempre più, da fabbriche situate nelle province nord-africane.

Se la sua posizione, su una delle principali strade che univano Roma ed il porto di Luni alla Padana ed ai passi alpini, determinò l’accumulo di tanti oggetti esotici nei rifiuti attorno alla fattoria, causò anche la sua fine precoce, che coincise con le prime incursioni nell’area da parte di popolazioni esterne all”impero.

 

Periodo Bizantino – Dal VI al VII secolo d.C.

Dopo cento anni di abbandono, la vita riprese a Sorano, ed attorno all’anno 540, è molto probabile che Belisario, generale dell’imperatore d’Oriente, Giustiniano, abbia deciso di creare, sul confine settentrionale di Luni, una “chiusa”, e cioè uno sbarramento fortificato della valle che impedisse ai Goti di scendere verso Luni e verso Roma.

Il nome stesso di Filattiera potrebbe derivare dal greco Fulacterion (luogo fortificato). In effetti, venne costruito in quel periodo un sistema militare, denominato “castello Soreano” (Kastron Soreon) dal geografo bizantino Giorgio Ciprio, e che è stato portato alla luce, solo in parte, dagli scavi archeologici ancora in corso. Se Belisario avesse visitato Filattiera alla fine dei lavori, avrebbe trovato che la strada acciottolata era obbligata a passare internamente ad un grande recinto che sbarrava la piana alluvionale esistente fra il fiume e le pendici della collina di Castelvecchio, la cui estremità era stata difesa con due fossati e delle palizzate, e dove si ergeva una torre di legno in grado di controllare a vista la valle.

L’edificio più importante della fortificazione era situato, probabilmente, dove è stata poi costruita la pieve romanica. All”interno della cinta, erano state costruite delle baracche che funzionavano anche da magazzini delle derrate alimentari. Da Filattiera partiva, oltre alla strada della Cisa, una strada che risalendo la valle del Caprio raggiungeva Parma per il passo del Girone: forse, per questo sul monte Castello, a 800 metri di altezza, esisteva un’altra fortificazione costruita nel periodo bizantino. È pure possibile che la chiusura della valle passasse fin sulla sponda destra del Magra, che è sempre stato guadabile in questo punto di minore corrente. Di qui partiva anche la via per la Liguria, attraverso il passo dei Casoni. Un secolo più tardi, il re longobardo Rotari, per conquistare la Liguria, aggirò tale fortezza imprendibile, che cadde poi lentamente in disuso, e la proprietà dei beni passò alla chiesa.

È passato un altro secolo e, sotto il regno di Astolfo, nella piccola chiesa, i cui resti permangono ancora sotto la pieve romanica, venne, con buona probabilità, seppellito un missionario che aveva convertito al cristianesimo molti abitanti della valle, e che aveva fatto costruire i primi spedali per i viandanti e i pellegrini: la sua lapide è, oggi, conservata nella chiesa di San Giorgio.

 

Periodo Medievale – Dal XI al XIII secolo

La prima chiesa di Sorano, i cui resti si trovano sotto la pieve, è quella stessa che vide l’arcivescovo di Canterbury, Sigerico, quando, pochi anni prima del Mille, passò da Filattiera per andare pellegrino alla cattedrale di San Pietro: la strada, priva di manutenzione, passava fra le case di legno del Borgovecchio. Nel 1168, arrivò a Filattiera l’imperatore Federico, detto Barbarossa, con la famiglia ed i resti dell’esercito distrutto dalla peste nell”assedio di Roma. Il Borgovecchio esisteva ancora ma, sulla collina di San Giorgio, i marchesi Obertenghi avevano nel frattempo costruito, con robusti muri all”antica, una cinta tutto intorno al lungo sperone che si spinge verso il Magra, separato a monte da un fossato artificiale. Nel punto più elevato del castello c’era un’alta , con un ingresso di sicurezza a venti piedi dal suolo, e la chiesetta romanica di San Giorgio, che ha dato poi il nome a tutto il sito.

Nel resto del castello abitavano, in nuove case di legno, le famiglie dei vassalli e dei cavalieri del marchese. Quando l’imperatore si affacciò dalla torre verso Pontremoli, vide scintillare al sole i ferri degli scalpellini che costruivano la pieve romanica, impiegando le ultime pietre della fortificazione bizantina. Chiamò quindi il marchese Malaspina e gli chiese se potesse raggiungere Tortona e la valle del Reno, senza passare per il monte Bardone (valico della Cisa), onde evitare uno scontro con i pontremolesi che avevano istituito un libero Comune ribelle.

Il marchese rispose che gli Obertenghi, fedeli feudatari dell”Impero, avevano costruito quel castello settentrionale del territorio di Luni, dove già l’avevano fortificata i bizantini; che il marchesato si estendeva dalla sponda sinistra a quella destra del Magra, controllando perciò tutte le strade di Parma e di Genova; che esisteva un guado da Borgovecchio per San Benedetto di Talavorno, ove c’era l’ospedale dei pellegrini; e che il confine con il Comune di Pontremoli era qualche miglio più in su, nella valle del Caprio, ed era ben fortificato. Una nuova torre era stata costruita anche a Monte Castello.

L’Imperatore, giunto sull’Appennino, vedendo quelle terre boscose, inadatte all’agricoltura e all’allevamento, chiese al marchese Malaspina di quali proventi vivesse il marchesato, ed egli fece capire che la “porta” dell”Appennino era diventata una barriera doganale in cui si riscuotevano i pedaggi, o le gabelle, dai mercanti che dovevano percorrere la via Francigena con i muli carichi di preziose merci.

Periodo Tardo Medievale – Dal XIV al XV secolo

Quando il pellegrino Guglielmo, diretto a San Giacomo di Compostela, arrivò a Filattiera dall’Appennino, negli primi anni del Quattrocento, passata la pieve, fra i due ponti, prese la salita sotto il Castello di San Giorgio, come gli indicò un contadino che sarchiava l’orto. Giunto nel vallo che separava la collina dal castello, trovò quest’ultimo chiuso da un cancello: vide spuntare la torre e la chiesa restaurate di recente, il lungo spiazzo era stato trasformato in un giardino con una sola casa di pietra. Guardò dall’altra parte del fossato e vide un nuovo borgo murato sulla collina retrostante. Entrato nel borgo per la porta, si accorse che quelle che di fuori erano mura, all’interno erano costituite da schiere di case con porte di pietra ben lavorata. Vi erano porte piccole per accedere ai piani di abitazione, e porte grandi per le botteghe di artigiani e commercianti, o per magazzini e stalle. Si vedeva che il borgo era stato progettato: tre strade parallele si dipartivano dalla via di Co (ovvero: capo = testa), dove si trovava la porta inferiore, e sfociavano in alto nella piazza del Mercato, in cui c”era la porta superiore, e dove si ergeva il mastio con il fossato del castello nuovo. Questo era assai più spazioso ed accogliente del vecchio castello di San Giorgio. Il pellegrino Guglielmo trovò, infine, l’ospedale di San Giacomo, dove avrebbe passato la notte. Era una casa della schiera più lontana dal castello, con una spaziosa cucina al piano terreno, e un dormitorio al piano superiore.

Durante la veglia, il religioso che gestiva il ricovero gli spiegò come prendere la strada per Mulazzo, verso Genova e la Spagna, e gli raccontò come i tempi fossero cambiati: i marchesi Malaspina si erano da tempo divisi in due rami, quello “secco” e quello “fiorito”; perciò gli abitanti delle due rive del Magra erano sempre in guerra tra loro, senza contare che per le grandi vie di comunicazione non passavano soltanto le ricche merci ed i pellegrini, ma anche i briganti e gli eserciti, che lasciavano la carestia, non meno delle cattive annate. Come dire: alla storia degli uomini che costruiscono, e cercano di migliorare la qualità della vita, è sempre mescolata quella degli uomini che distruggono per interessi particolari.

Periodo Moderno – Dal XVI al XX secolo

Dopo la fine del Trecento gli insediamenti di Filattiera non sono più stati modificati: quelli abbandonati sono stati via via sepolti, e soltanto i nomi dei luoghi e qualche montagnola, o vallo del terreno, sono rimasti ad indicarne l’esistenza. In uso sono rimasti soltanto: il borgo nuovo; la chiesa di San Giorgio, con i resti del vecchio castello trasformati in una specie di giardino delle memorie, e la chiesa di Santo Stefano nel cimitero. Qualsiasi personaggio di passaggio, arrivato a Filattiera alcuni decenni, o secoli, dopo al pellegrino Guglielmo, ha tuttavia trovato, sempre, qualcosa di diverso, perché, fino all’Ottocento, è aumentata la popolazione e sono cambiati i modi di costruire ed abitare: la forma, ad esempio, dei portali di pietra ha cambiato più volte stile. Esistono case di cui si vedono ancora le mura ed i portali originali, come quella trecentesca del borgo di Co”, detta dei Malaspina, o completamente conservata e restaurata come quella con bottega del Quattrocento di via Santa Maria. Ci sono edifici del Trecento dei quali è stato cambiato l”uso interno ed il portale nei secoli più recenti, come l’ospitale di San Giacomo.

Esistono case del Seicento e del Settecento che hanno finito di occupare gli spazi liberi nel borgo, e che hanno esteso le loro stanze anche sopra alle strade. C’è, infine, il corpo occidentale del castello trecentesco che è stato costruito nell’Ottocento in stile medievale. Nella chiesa di Santa Maria è medievale la parte absidale, ed è stata rifatta nel Cinquecento la parte frontale; in essa sono state gradualmente trasferite le funzioni della pieve, rimasta da sola nel piano. Attorno al grande edificio romanico, restaurato nel Settecento forse a seguito di un terremoto, sono stati seppelliti i morti fino alla trasformazione, dopo le leggi napoleoniche, in cimitero comunale, data la sua distanza dall’abitato.

Nel territorio di Filattiera si trovano altri edifici medievali nella valle della Capria: oltre a Monte Castello, posto nella parte più alta (800 metri di quota, un’ora di cammino dalla frazione di Lusignana), sono interessanti le case-torri del Trecento e del Quattrocento presenti nelle frazioni di Caprio e di Ponticello, sulle due rive dell’impetuoso torrente che veniva attraversato dalla Via Francigena. Infatti, in mancanza di borghi murati, le famiglie più importanti, che controllavano il ponte ed i confini con il Comune di Pontremoli, abitavano in robuste case, accessibili solo dal primo piano mediante una scale di legno retrattile.

Come raggiungere il Comune

In auto: attraverso la SS62 della Cisa e l’Autostrada A15 Parma – La Spezia; per chi arriva da Parma, l’uscita è quella di Pontremoli, per chi arriva da Massa e La Spezia, l’uscita è Aulla.

In treno: attraverso la linea ferroviaria Parma – La Spezia.

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