Via Francigena

Oggi parliamo di Via Francigena con Carlo Mazza, Vescovo di Fidenza

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Redazione AEVF

Mons. Carlo Mazza, Vescovo della Diocesi di Fidenza dall’ottobre 2007, da molti anni ha a cuore lo sviluppo e la crescita della Via Francigena. Un impegno iniziato in prima persona negli anni romani, presso la CEI, proseguito poi a Fidenza. L’inaugurazione del nuovo ostello lo scorso 21 dicembre ne è stato un segno tangibile, un gesto d’amore verso i pellegrini e la comunità locale nell’Anno del Giubileo della Misericordia.

Giungere all’apertura dell’Ostello era un obiettivo particolarmente sentito dal Vescovo Carlo Mazza. Ne venne percepita l’importanza fin dal suo insediamento ed in questi anni si ha lavorato con grande convinzione, partendo dal presupposto che la struttura “dovesse essere vicino alla Cattedrale, perché qui a Fidenza c’è una cosa unica al mondo ed è il Martire San Donnino. Difficilmente si trova una città in cui il Martire fondatore è così radicato nella sua terra e nel suo territorio”.

Per il Vescovo Mons. Carlo Mazza, molto attento all’accoglienza dei pellegrini ed alla dimensione spirituale della Via Francigena, il cammino è una grande rete viaria, punto di incontro tra itinerari. Essa è al contempo creatrice dell’uomo europeo e fondamento di comunanza di fede.

Cosa rappresenta la Via Francigena, in passato ed oggi? TRiprendiamo l’intervento del Vescovo Mons. Mazza in occasione del XV anniversario AEVF. Parole che ci accompagnano in questo nuovo cammino nel 2017.

“La Via Francigena si è fatta la sua storia e costruita la sua fama dalle testimonianze di innumerevoli pellegrini che, sudando, soffrendo e sperando, hanno desiderato raggiungere la città “caput mundi” per venerare i sacelli memoriali dei Santi Apostoli Pietro e Paolo attuando la visita “ad limina apostolorum” e per riconoscere le “mirabilia” che testimoniano le vestigia di un grande impero. In primo luogo, riguardo la storia delle origini della Francigena, ancora non si è giunti all’evidenza e ci si perde nelle nebbie dei secoli tardoromani. A partire dall’VIII secolo sino ai nostri giorni, la Via ha subito direzioni, deviazioni, interruzioni molteplici, sia per ragioni di temperie naturali, sia per ragioni politiche, economiche, culturali e, non ultime, per ragioni di ordine religioso e di decretali ecclesiastiche. Il punto più alto di celebrità e di fruizione della Francigena si realizza nel tratto temporale dei secoli X-XII, contestualmente alla fioritura del fenomeno dei pellegrinaggi, tipicamente nella forma altomedievale, segnata dalla penitenza, dalla confessione di fede, dalla pietà e dalla ricerca dei “segni” martiriali.

Ciononostante, sfugge la effettiva peculiarità della Via Francigena. Questo va addebitato alla sua debole identità, non essendo definita da una meta carismatica omnicomprensiva e da contenuti religiosi omogenei ad un fine specifico e qualificante. In secondo luogo, l’intero tracciato va interpretato da ciò che significativamente è espresso e cioè da una rete viaria che man mano converge in un “unum”, gratificato dal confluire ad un arrivo. Tanto è vero che la Francigena servirà come “funzione” stradale per altre destinazioni (Santiago, Roma, Terra Santa, ecc.) divenendo così punto di incontro fra gli itinerari delle tre celebri peregrinationesmaiores medievali. In verità val bene considerare che sulla Via Francigena s’è formato un uomo nuovo, quello che poi si definirà “uomo europeo”. Nel crogiuolo fecondo di incontri, conoscenze, esperienze, si è gradualmente costituito un uomo “cosmopolita”, capace di riunire in sintesi filoni culturali e religiosi in una inedita unità antropologica, caratterizzata dalle dinamiche proprie di un’inculturazione incrociata tra fede, culture, simbologie e linguaggi.

Qui in realtà nasce l’Europa della libertà, della solidarietà, della cultura dell’accoglienza. È un’Europa “in fieri”, che si attrezza per il futuro. Il tema unificante e ampiamente condiviso di chi viaggiava sulla Via Francigena si manifesta nel dato indiscusso della fede che accumuna “in solidum” individui e società in movimento sotto la spinta di una sognata palingenesi, avvertita come necessitante promessa di un mondo purificato e libero. I pellegrinaggi altomedievali esprimono e testimoniano con autenticità lo “status” di consolidata cristianità, cioè di una società coesa in ogni modo, in cui i valori trascendenti sono dominanti e totalizzanti, ma nella forma non costrittiva, significativamente rivelatori di convinzioni profonde e sedimentate. In conclusione, la Via Francigena custodisce una naturale traccia di religiosità popolare, di fede viva.

In tale prospettiva si presta a promuovere e sostenere peregrinazioni in relazione alla coscienza di sé e al proprio destino, in linea armonica con l’“universo” delle credenze del tempo, patrimonio comune di popoli e di singole persone. Per queste ragioni appare del tutto sapiente valutare con spirito “storico” la valenza “cristiana” della Via Francigena, inserendola nel contesto di una “cristianità” forte e compatta, del tutto conforme alla sua indole e natura”

 Via Francigena vuol dire prima di tutto pellegrini in cammino. Pellegrini che incontrano luoghi d’arte e tesori unici – come la Cattedrale di Fidenza e tante testimonianze che si trovano lungo il cammino– e che hanno bisogno di una rete ricettiva importante lungo il territorio. L’itinerario europeo riparte proprio dalla sua accoglienza e dal ruolo delle comunità locali, sempre più importanti per far crescere e condividere i valori che ruotano intorno all’itinerario culturale della Via Francigena.