Intervista con Giovanni Corrieri, uno degli “angeli dell’itinerario” Francigeno.
Conosciuto dai pellegrini che percorrono la Via, sempre pronto ad accompagnare viandanti lungo il cammino (dai primi anni Novanta), dispensando loro abbracci, consigli pratici e calore. In collaborazione con l’Associazione Toscana delle Vie Francigene, di cui è membro, si dedica costantemente alla manutenzione del percorso ed alla messa in sicurezza del tracciato, soprattutto nel territorio toscano che conosce in ogni suo centimetro di terreno. Chi percorre la Francigena in Toscana, prima o poi, sicuramente avrà il piacere di incontrare Giovanni Corrieri, sempre pronto a dare una mano ai pellegrini.
1) Giovanni, cosa vuol dire mettersi in cammino su un percorso come quello della Via Francigena?
La Francigena è un cammino. I cammini, secondo me, si fanno prima con lo spirito, poi con il cuore, poi con il cervello ed in ultimo con le gambe. La Francigena ha una spiritualità (parlo di spirito, si badi bene) molto più alta del cammino di Santiago e forse anche di quello di Francesco. Non si va sulla Francigena per fare una semplice passeggiata. Chi fa questo, secondo me, non ha capito molto dello spirito del cammino, ma si va sulla Francigena per fare il NOSTRO cammino. Non siamo più guidati dal cervello ma dal nostro spirito, non camminiamo solo con le nostre gambe, ma soprattutto col nostro cuore, allora sì che il cammino prende forma, ci avvolge in un abbraccio che poi noi trasmetteremo agli altri facendoci riscoprire valori come la fratellanza, la condivisione, il volerci DAVVERO bene, ci fa riscoprire il nostro prossimo e soprattutto ci fa leggere dentro di noi il cammino della nostra vita.
Cercare, trovare, “respirare” le impronte dei tantissimi pellegrini che prima di noi hanno percorso questa via, così come lasciare le nostre di impronte è la parte forse più intima del cammino. Tutto questo lo troviamo, se sappiamo cercarlo, lungo i cammini, ma è soprattutto la Francigena stessa che sa trasmettere una grande spiritualità. Francigena significa arrivare alla tomba del Principe degli Apostoli pensando che anche Lui ha lasciato impronte su questa via, che ci trasmette quella energia spirituale che non ha confronti su altri cammini. Significa fermarsi alle Briccole dove fratello Francesco si è unito in mistiche nozze con madonna Povertà che ci riempie e ci riscalda il cuore. Significa fare ogni giorno almeno per un’ora il cammino in silenzio ascoltando solo la voce della natura che ci trasmette la dimensione esatta della nostra vita.
2) Sicurezza, manutenzione e segnaletica. Sono temi indispensabili per rendere fruibile il percorso. La Regione Toscana è un modello a livello europeo per quanto ha fatto e sta facendo, anche in collaborazione con enti locali ed associazioni. A che punto siamo, in Toscana.
Il lavoro svolto dalla Regione Toscana è un modello europeo e se ne vedono i risultati. In merito a sicurezza, manutenzione, cartelli, fino a poco tempo fa ricevevo molte segnalazioni di protesta. Ora possiamo affermare che, nonostante ci siano ancora criticità da affrontare, spesso le segnalazioni che si ricevono hanno toni amichevoli e di ringraziamento per il lavoro svolto.
Purtroppo ci sono da evidenziare anche alcuni problemi. Ci sono ad esempio guide cartacee che si discostano dal percorso ufficiale, come quella di “Terre di Mezzo”, che indirizza i pellegrini a camminare su tanti km di asfalto e a percorrere strade molto trafficate come la via Cassia, con i pericoli che questo comporta. Personalmente ritengo che andrebbe regolamentato l’utilizzo della segnaletica per chi propone un percorso che si discosta da quello ufficiale. I pellegrini ad esempio sanno che la freccia bianca è uno degli indicatori per Roma, invece lungo il percorso troviamo frecce bianche disegnate per indicare percorsi di attività occasionale e locale come passeggiate e/o corse podistiche che traggono in inganno i pellegrini. Anche questo andrebbe vietato o regolamentato lungo tutto il percorso ufficiale.
La manutenzione va migliorata, siamo d’accordo, specialmente durante il periodo estivo. Purtroppo l’erba alta che in molti casi copre anche la segnaletica è un problema di massima importanza che deve essere affrontato con continuità. La via Francigena dovrebbe rappresentare il biglietto da visita più importante per quei territori da essa attraversati, ma non sempre avverto la giusta sensibilità verso di essa: ad esempio talvolta si incontrano alcune discariche che oltre a degradare il nostro bellissimo territorio, non generano certo una buona pubblicità.
Una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni locali sarebbe auspicabile, anche se oggi possiamo dire che la sicurezza è buona, gli accorgimenti messi in atto sono eccellenti e, specialmente nei punti più pericolosi, sono davvero funzionali. E’ necessario, anzi indispensabile, un controllo costante, un monitoraggio continuo per poter integrare e controllare la segnaletica, rilevando le criticità che sono sempre presenti in un tratto lungo ed importante come quello toscano. L’Associazione Toscana delle Vie Francigene è presente, ma i mezzi a disposizione non sono sufficienti per poter effettuare un monitoraggio ed un controllo stabile ed efficace. Ciò che non ci manca, invece, è la professionalità e la conoscenza di tutto il tracciato!
Una nota un po’ dolente è rappresentata, invece, dall’accoglienza. Benché la Regione Toscana abbia finanziato molti ostelli, quelli attivi o in stato di prossima attività sono ancora pochi. Auspico che nei prossimi due, tre anni si riesca a dare un’accoglienza migliore su tutto il tratto. La gestione attuale dell’accoglienza è fatta in prevalenza da istituti religiosi i quali, a volte, mettono in difficoltà i pellegrini che magari fanno solo poche tappe, negandogli l’accoglienza stessa. Ritengo comunque sia doverose un però “grazie” al tempo ed all’impegno che queste persone mettono a disposizione per accogliere i pellegrini. Meno male che loro ci sono!
E’ tuttavia necessaria un’accoglienza non solo religiosa, ma anche che i privati, specialmente coloro che hanno B&B o agriturismi sul tracciato destinino una piccola parte all’accoglienza “povera”. Comunque voglio sottolineare il mio (e dei molti pellegrini che incontro) incondizionato elogio a coloro che hanno creduto in questo progetto finanziandolo con cifre importanti che sono destinate a diventare un incredibile valore aggiunto per tutta la Regione.
Perché vale la pena percorrere la Via Francigena e perché, soprattutto, vale la pena farlo in Toscana? Raccontaci questi 380km e 15 tappe di percorso, attraverso il tuo punto di vista privilegiato di grande conoscitore della Via. Questo cammino e le bellezze che si incontrano sono poesia in grado di emozionare, cosi come i versi di Dante che spesso reciti in cammino e che tanti pellegrini hanno il piacere di ascoltare
Vale la pena di percorrere TUTTA la Francigena da Canterbury a Roma e poi fino a Gerusalemme perché è “tutta una poesia”, magari spezzando il cammino in più anni. Dal San Bernardo si entra in Italia e, dopo aver percorso la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia si entra in Toscana dalla porta posta al passo della Cisa, e allora sì che la poesia diventa melodia (mi scusino gli altri, ma da toscanaccio sono molto campanilista). Mi piacerebbe illustrare tappa per tappa il percorso toscano, ma ne uscirebbe un vero e proprio tomo e allora cercherò di mettere in un piccolo scrigno quanti più gioielli possibile e….pazienza se molti resteranno fuori.
Si inizia dalla Lunigiana, il percorso che porta a Pontremoli è bellissimo con i suoi sentieri selciati, i ponti medievali, il lupo mannaio che assale di notte chi è fuori dal castello, e poi quei paesetti che sembrano uscire da un presepe. Ecco Pontremoli, città del libro e dei testaroli. Qui facciamo la conoscenza col fiume Magra, croce e delizia dei lunigiani, e il bellissimo castello del Piagnaro, le steli, sculture dell’uomo che qui viveva 4000 anni fa. Ecco la pieve romanica di Sorano che ci apre Filattiera. Villafranca con il ponte del pellegrino, il castello di Terrarossa, ed ecco don Giovanni che ci accoglie ad Aulla in quel tesoro che è San Caprasio. Ora si lascia il Magra, il sentiero si arrampica ed ecco come spuntare dal nulla Bibola e poi Vecchietto e poi ancora su fino ai 500 metri del Chiapparo. Inizia la discesa e giunti a Ponzano possiamo godere della vista del mare del golfo di La Spezia.
Si scende fino a Sarzana, siamo nella terra dei Malaspina che ospitarono anche Dante, profugo anch’esso, cacciato e condannato dalla Sua Firenze “Godi, Fiorenza, poi che si’ sì grande, – che per mare e per terra batti l’ali, – e per lo ‘nferno tuo nome si spande!”. Ecco le rovine di Luni, con i suoi mosaici, i resti degli affreschi della ville romane, e, poco distante, lo stupendo anfiteatro. Ecco lassù le cave di marmo, siamo a massa deve splende proprio il castello dei Malaspina: ci passiamo proprio sotto, e, da qui, camminando per antichi sentieri di bosco eccoci a Pietrasanta, città di artisti e centro di cultura, basti pensare alla “Versiliana” dove si ritrovavano ed ancor’ oggi si ritrovano poeti, scrittori ed artisti di tutto il mondo.
Ci si avvia verso Lucca, un’occhiata all’antica pieve di Santa Felicita e Giovanni, la più antica di tutta la Versilia ed eccoci a Valdicastello. Qui dobbiamo fare una piccola deviazione di 500 metri per arrivare alla casa dove il 27 Luglio 1835 Giosuè Carducci ebbe i natali; si mormora che anche i suoi primi vagiti fossero componimenti poetici… “Peregrino del ciel, garrulo a volo – tu fuggi innanzi a le stagion nembose. – E vedi il Nilo e nostre itale rose, – né muti stanza perché muti loco”. Si ritorna sul tracciato, si scollina ed eccoci al cancello della villa Borbone a Capezzano Pianore. Ora costeggiamo un fosso che ci accompagna a Camaiore, bella la badia, ma si prosegue, ecco una diruta chiesetta tutta affrescata ma col tetto squarciato, dove sembra abbia sostato anche l’ immagine del Volto Santo, da qui si sale di brutto per arrivare a Montemagno, proprio in cima alla salita ci saluta Giorgio Gaber (il suo busto) che qui trovò la morte il 1 gennaio 2003. Si scende fino a Valpromaro, poi, dopo il passo di Piazzano, eccoci a Lucca dove si arriva accompagnati dal Serchio. Lucca, le mura, il Volto Santo, Giacomo Puccini, se stiamo un po’ in silenzio possiamo bearci delle sue dolcissime melodie. Ecco San Michele, il duomo, Ilaria dal Carretto, santa Gemma e santa Zita, i Guinigi, i Mansi, piazza dell’ Anfiteatro e via Fillungo. Si riparte e fra strade transitate e zone industrial si passa Capannori, Porcari per arrivare, finalmente all’antica Badia di Pozzeveri teatro della famosa battaglia del 23 settembre 1325 tra le forze del ghibellino lucchese Castruccio Castracani e i guelfi fiorentini.
Altopascio città dell’accoglienza per i pellegrini da sempre, qui hanno avuto origine i “Cavalieri del TAU”, qui suonava la smarrita al tramonto per i pellegrini dispersi. Ecco il Galleno con il tratto selciato della Francigena ed ecco le Cerbaie dove agiva il brigante Orcino. Si scende a Ponte a Cappiano e si attraversa il ponte mediceo, si cammina su di un argine passando vicino ad un nido di cicogne e si arriva a Fucecchio. Città dei conti Cadolingi dette i natali a Indro Montanelli e il cammino passa proprio sotto alla fondazione a lui dedicata. Si attraversa l’Arno ed ecco laggiù, anzi, lassù la rocca di San Miniato ad indicarci il cammino. San Miniato, importantissima nel medioevo, aveva il controllo su ben 34 castelli, è un vero e proprio scrigno d’arte di storia e di cultura. Ha dato i natali ai Gucci, ai Borromei, qui è nato Francesco Sforza, la Contessa Matilde di Canossa, i fratelli Taviani. Ha scritto le sue prime rime il Carducci, ha insegato Franco Sacchetti, qui ha trovato la morte suicidandosi Pier delle Vigne “Io son colui che tenni ambo le chiavi – del cor di Federigo”. E poi le opere di Cenni di ser Cenni, di Anton Domenico Bamberini e i ricordi di Mario Luzzi e il “Gigoli” e i .. Buonaparte che molta importanza ebbero sulla vita del “Generale”; vi basta? E allora andiamo avanti, si parte per Gambassi. A metà strada ecco la bella pieve dei santi Pietro e Paolo a Coiano, antica e affascinante come il castello che le sta di fronte.
La val d’Elsa con le sue onde a ricordo di un mare pliocenico vola sopra a Castelfiorentino. Qui si può incontrare Verdiana, poi fatta santa, che accompagna i pellegrini a Santiago o a Roma, siamo agli inizi del ‘200 quando gli donai il mio cappello ed il mio bordone. Ecco Gambassi e, prima, la romanica pieve di Santa Maria a Chianni dove ci accoglie Laura. Si scende, ora verso i rii Casciani e dopo il ponte si risale a Santo Pietro, ecco l’antica chiesetta e poi su per Pancole, il suo santuario e la storia del miracolo della mutola, laggiù lungo l’Elsa, intanto è Certaldo, patria di Giovanni Boccaccio; ecco il borgo medievale di Collemuccioli ed eccoci all’altra stupenda pieve romanica di Cellole. Siamo alle porte di San Gimignano con le sue 14 torri, piccola rimanenza delle 72 che aveva nel medioevo. A San Gimignano hanno lavorato artisti come Benozzo Gozzoli, Piero Del Pollaiolo, il Tamagni, Benedetto da Maiano e scusate se dico poco. Stupende le sue chiese: Sant’Agostino, La Collegiata. Ma il tempo ci incalza e allora via per Monteriggioni che si raggiunge dopo aver goduto della bellezza della badia di Coneo, della curiosità della piccola chiesetta di Santo Pietro a Fabbrica di Quartaia, dopo aver attraversato Gracciano ed i resti delle antiche terme visitato il grazioso borgo di Strove, aver eluso la sorveglianza del massiccio Castel di Pietra ed aver sostato in raccoglimento nella millenaria abbazia di Abbadia a Isola.
Ecco le torri, ecco lassù Monteriggioni, baluardo di difesa di Siena verso Firenze “però che come su la cerchia tonda – Monteriggion di torri si corona”. Siamo alle porte di Siena, però prima si può godere del castello della Chiocciola e quello della Villa, poi giù in pian del lago circondato a ponente da boschi e da eremi agostiniani di antica memoria come San Leonardo e Lecceto. Ecco la “piramide” a ricordo del tunnel costruito dai Sergardi che servì a svuotare il lago che tanti problemi di salute creava alla vicina Siena. Si entra in Siena da porta Camollia, sul suo arco è scritto “SENA COR MAGIS TIBI PANDET”. Siena ti offre il suo grande cuore. Siena, il Palio, Piazza del Campo, il Duomo, Santa Maria Della Scala, Palazzo Piccolimini, Duccio da Boninsegna, Simone Martini, e poi Santa Caterina, la cui testa si può vedere nella cappella a Lei consacrata, in san Domenico, san Bernardino e il monogramma “IHS”, e poi la Basilica di San Francesco, e le contrade, gli Ardengheschi, i Pannocchieschi, i Tolomei, i Piccolomini (papa Pio II e PIO III) e poi.. e poi l’accoglienza di suor Ginetta. Bah! Ho lasciato molte cose, ma dobbiamo continuare, lascio anche Siena e ecco la val d’Arbia, Isola d’Arbia, la stupenda “grancia” di Cuna, forse la più grande di tutto il senese. Le grance servivano come deposito di prodotti della terra da utilizzare nei momenti più critici, per questo erano fortificate ce ne sono molte nel territorio senese. Ecco Cinciano con la chiesa ottagonale ed eccoci sul pone dell’Arbia “Lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso – tali orazion fa far nel nostro tempio”. Subito dopo Ponte d’Arbia si sale a Serravalle ed è qui che il 24 Agosto 1313 moriva, per cause ignote, si parla di malaria o di veleni, l’imperatore del Sacro Romano Impero Arrigo VII.
Si passa Buonconvento, nel suo territorio ha avuto origine la famiglia Borghesi, poi Borghese a Roma, e, dopo una lunga salita tenuti quasi per mano dalla vicina Montalcino, si scende a Torrenieri, e fra saliscendi camminando sulla vecchia Cassia, si arriva a San Quirico d’Orcia San Quirico ci accoglie con gli stupendi portali della collegiata che ti incantano solo a vederli, figuriamoci quando gli dai voce e ti fai raccontate le storie da essi rappresentate. Però prima della collegiata c’è una cosa particolare: c’è il monumento a Tazio Nuvolari, leggenda dell’automobilismo italiano e vincitore di molte “mille miglia”. Ma San Quirico non è solo questo, è anche la dolcissima immagine di quell’opera d’arte che è la robbiana “madonna di Vitaleta”, è la chiesa di Santa Maria Assunta, sono gli stupendi “Orti Leonini” che ci raccontano del bene e del male, è il maestoso “palazzo Chigi”. Ora la strada si fa in leggera salita fino a giungere al medievale borgo del castello di Vignoni. Questa è una vera chicca sulla Francigena, un piccolo borgo incontaminato e una terrazza sulla val d’Orcia. Ecco laggiù l’inconfondibile sagoma di Radicofani.
Si scende verso Bagno Vignoni con davanti a noi, sull’altra collina la stupenda rocca aldobrandesca di Tentennano con sotto il borgo di Rocca d’Orcia con la casa dove Caterina da Siena ricevette il dono della scrittura, eccoci al bordo della grande vasca ed ecco la cappella dove Caterina passava le sue giornate in preghiera. Si attraversa l’Orcia e si sale fi quasi sotto Castglion d’Orcia; l’Amiata ci guarda con la sua maestosità , quasi ci mette paura. Dopo vari saliscendi arriviamo davanti ad una piccola chiesetta, messa molto male, con accanto una grande casa: siamo alle Briccole, antica accoglienza sulla Francigena, oggi ricovero di ovini (sic). Qui la leggenda ci racconta delle mistiche nozze di fratello Francesco d’Assisi con madonna Povertà nell’agosto del 1224. Francesco, ormai quasi cieco stava andando a Siena con il suo seguace dottore quando qui furono raggiunti da tre bellissime madonne: l’Umiltà, la castità e la Povertà che lo strinsero in un abbraccio celestiale, poi la Povertà inanellò Francesco facendolo suo sposo “Francesco e Povertà per questi amanti – prendi oramai nel mio parlar diffuso”, quindi ripresero la via celeste e solo madonna Povertà si volto per un ultimo sguardo d’amore al suo sposo.”laudato si’, mi’ signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore et sustengo infirmitate et tribulazione”. Bellissima la tavola del “Sassetta” che ricorda l’evento, stupendo riuscire a vedere ancora le impronte dei piedi scalzi che i due amanti hanno lasciato sul terreno. Si riparte con lo spirito in estasi che vola sempre più in alto ed eccoci a Radicofani, patrie di Ghino di Tacco. Ma a Radicofani non c’è solo Ghino con le sue leggendarie imprese, ci sono opere d’arte dei Della Robbia, dei fratelli Buglioni, c’è il giardino Isabella, la bellissima posta medicea e poi c’è Fausto Cecconi, cercatelo quando passate di là perché Fausto è…..Fausto, è un mio fratello, gli voglio veramente bene. Essere accolti da Fausto ripaga la fatica di questa lunghissima (32km) e faticosa (gli ultimi 9 in salita) tappa e la meraviglia dei paesaggi che si godono da quassù. La rocca ci accompagna per la discesa verso Ponte a Rigo e da qui costeggiando la Cassia si arriva a Centeno.
Abbiamo superato il confine, siamo nel Lazio, a Centeno (100miglia a Roma) fu costretto a fermarsi Galileo Galilei mentre veniva tradotto a Roma per il processo; le malelingue dicono che quando gli dissero che era a cento miglia da Roma gli vennero…”certi strizzoni di pancia che…”. Queste alcune perle della Francigena in Toscana, lo scrigno trabocca ma tante, molte ne ho lasciate per via e davanti a noi ancora perle e gioielli come Acquapendente con i caratteristici “Pugnaloni”, la stupenda cripta dedicata al Santo Sepolcro, e poi suor Amelia che ci apre le braccia, e poi Bolsena con Santa Cristina e le catacombe e il miracolo del sanguinamento dell’ostia e poi Montefiascone il duomo, san Flaviano e l’ “est est est”, Viterbo e la macchina di santa Rosa, la cattedrale, il quartiere san Pellegrino e Vetralla, Capranica, Sutri co il matroneo e l’anfiteatro, Campagnano con don Renzo, la Storta e poi Monte Mario e tutta Roma davanti a noi e alla fine il “testimonium”, la nostra laurea a “PELLEGRINI”
Hai accompagnato recentemente un gruppo di persone non vedenti. Quali sono le sensazioni e le emozioni condivise in questa esperienza?
Si! Da due anni accompagno, assieme ad altri, un gruppo di non vedenti dell’associazione disabili visivi. E’ un’esperienza a dir poco fantastica; le emozioni che provi a camminare con loro sono grandissime, a volte ti chiedi chi sono i ciechi, noi o loro, siamo noi che accompagniamo loro o loro che accompagnano noi? Ci danno lezioni di vita, nonostante il loro handicap riescono a trasmetterti la loro voglia di “vivere”; con loro abbiamo condiviso praticamente tutto, il piacere di stare insieme, la stanchezza, il divertimento, le risate, la fame e il gusto di magiare, le difficoltà, il sapersela cavare nel bene e nel male. Abbiamo visitato città e paesi, dormito in monasteri e conventi, in camerate con bagni in comune, cantato, accompagnati dalla chitarra di Paolo, canzoni e stornelli, ci siamo riposati all’ombra delle querce, camminato ogni giorno per mezz’ora in silenzio; ebbene, alla fine del silenzio loro ci raccontavano ciò che avevano “visto” lasciandoci tutti a bocca aperta. Con gli abbracci a Viterbo, veri, fraterni, sinceri, ci siamo trasmessi tutto il nostro affetto e ci siamo salutati con il cuore, e non solo, pieni di lacrime. Non ringrazierò mai abbastanza il destino che me li ha fatti incontrare. Mi / ci hanno insegnato di come la vita va molto, molto oltre il nostro vivere quotidiano, mi / ci hanno insegnato a “vedere” la vita vera e allora le parole di Francesco d’Assisi, che abbiamo incontrato alla Briccole dove proprio loro, i ciechi, hanno visto le impronte da Lui, cieco tra i ciechi, lasciate, “luadato si’ mi’ Signore per quelli che sustengo infirmitate et tribulazione” prendono forma. E le lettere che hanno scritto raccontandoci sensazioni e paesaggi? Roba da brividi! Insomma, per dirla in breve, sono loro che hanno aperto i nostri occhi, ma soprattutto il nostro cuore. Nel 2015 arriveremo a San Pietro ed allora sì che l’abbraccio sarà senza fine.
Dopo tanti anni, cosa ti emoziona ancora sulla Via Francigena e perché continui a tornare su questo cammino millenario?
Dopo tutto quello che ti ho detto mi chiedi cosa mi emoziona ancora sulla Francigena? Beh! Sì ci sono cose che ancora mi emozionano e sono gli incontri con i pellegrini, quelli veri, quelli che abbracci col cuore e che contraccambiano il tuo abbraccio. Scambiare con loro anche poche parole, chiedere loro se hanno bisogno d’aiuto, cercare di risolvere alcuni problemi come “bucargli e ricucirgli” qualche “galla” ai piedi, cercargli un giaciglio per una notte o più semplicemente accompagnarli ad una farmacia. Queste sono per me sempre nuove emozioni. Aiutare persone che incontri per un’ora e che forse non vedrai mai più, ma che, come te quando ti metti lo zaino sulle spalle, stanno facendo umilmente il loro “cammino”. Io trovo ancora molti stimoli che mi portano su questo “cammino millenario”. Ogni volta che faccio un tratto più o meno lungo sulla Francigena, per me diventa un nuovo cammino. Cerco e riesco a trovare ancora tracce che prima non avevo visto, sia sul sentiero dove appoggio i piedi che sul sentiero dove appoggio il mio spirito. Come ti ho detto la Francigena è un cammino, per molte ragioni, ancora pieno di spiritualità e, se lo fai con lo spirito ed il cuore liberi dai tabù e dalle frenesie che il nostro vivere quotidiano ci impone, allora trovi gli stimoli giusti per andare, ancora andare, magari senza una meta precisa. Non si va sulla francigena per fare una “camminata”, sulla Francigena si va per fare un “CAMMINO” piccolo o grande, lungo o corto che sia, ma sempre e solo un “CAMMINO”.
Un forte abbraccio pellegrino
Giovanni