Via Francigena

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Intervista con Luigi Nacci, scrittore, giornalista, guida escursionistica e operatore culturale. Meglio dire, un viandante moderno.

 Luigi Nacci è insegnante, giornalista, guida escursionistica e operatore culturale. Progetta e organizza stabilmente eventi culturali in tutta Italia – come il Festival della Viandanza. Gli piace considerarsi un viandante. È uno dei fondatori dell’Associazione Movimento Lento e una guida de “La Compagnia dei Cammini“. Il suo ultimo libro è Alzati e Cammina. Potete leggere il suo blog, aggiornato e ricco di spunti, anche sul cammino.
 
La#Francigena che verrà. Spunti, impressioni, auspici. Questo uno dei tuoi recenti post sul blog, alla fine del tuo cammino a piedi verso Roma, che invitiamo gli amici francigeni a leggere.
Hai fatto una analisi costruttiva ed oggettiva della situazione della Francigena, oggi. E’ stato fatto tanto, ma c’è ancora tanto da fare, partendo dalla priorità che sono accoglienza, sicurezza e segnaletica.  Sono le certezze che, chi cammina, si aspetta di incontrare. Il tuo punto di vista, Luigi?
 
Farei un passo indietro. Esistono le vie francigene, o vie romee: sono un fascio di strade che interessa tutta l’Italia. Tra di esse c’è la Via Francigena a cui ti riferisci e che molti di noi hanno compiuto, sulle orme di Sigerico e di altri milioni di pellegrini. Ha conosciuto epoche di vasta e di bassa affluenza, ora sta riprendendo ad essere percorsa, per molte ragioni, e quelle ragioni vengono prima di ogni cosa, prima di ogni politica di promozione dell’itinerario: perché la gente si mette in cammino? Perché si mette in cammino verso Roma (o verso Santiago)?
Credo che chiunque si occupi di Francigena, qualsiasi sia il ruolo che ricopre, debba prima farsi queste domande. La domanda è già la risposta, è in quell’interrogarsi continuo che ci troviamo, volenti o nolenti, tutti. Per occuparsi di Francigena bisogna mettersi in cammino, colmi di domande, sapendo che sarà difficile, se non impossibile, rispondere. Credo che da questo interrogarsi, sulla strada, possa nascere una riflessione complessa a vantaggio di quell’itinerario. Se ci sono stati dei miglioramenti, come ad esempio nell’ambito della sicurezza (la Toscana in primis), è perché alcuni amministratori e progettisti di buona volontà hanno indossato le vesti dei viandanti e sono partiti. Ma ancora non basta, c’è bisogno di più partecipazione, le genti che vivono nei territori francigeni devono sentirsi pellegrini e ospitalieri, devono calarsi nei panni dell’essere umano basico che si sposta con la propria casa nello zaino, e così facendo ameranno quella via.
Nel Medioevo gli scolastici dicevano che si ama solo ciò che si conosce. Ecco, più aumenterà l’amore per la Francigena, per la sua storia, per ciò che simboleggia, per gli orizzonti che apre dentro di noi, più sarà curata. Rispetto ad anni fa si viaggia con maggiore sicurezza, ci sono molti segnali (a volte troppi), sono aumentati i luoghi di accoglienza, ma deve crescere quella forma di amore. Il pellegrino, o il viandante, chiede solo una cosa: accoglienza. Si accoglie aprendo le braccia, offrendo dell’acqua, prima che assicurando un tetto.

 
Nel tuo libro Alzati e Cammina (Ediciclo, 2014) ad un certo punto parli di “viandanza”, del significato che per te essa ha e della bellezza che questo concetto racchiude. 
“E non esiste viandanza, come ci suggerisce René Char, senza amore e rivoluzione”. Come si lega la viandanza al cammino, alla lentezza, all’incontro, alla Francigena? E proprio sulle orme della “Viandanza”, è nato un Festival…
 
Viandanza è una bella parola, bellissima. Ci ricorda che sulla via non si può stare che danzando, che la via stessa è una danza. Dentro la viandanza c’è tutto: c’è il pellegrino, inteso in senso lato o senso stretto, così come Dante li definiva, ovvero chi lascia la propria patria e si fa straniero o chi parte alla volta di Santiago de Compostela; c’è il viandante, ovvero l’essere umano che va sulla via, che dalla via si fa attraversare, un corpo attraverso il quale passano tutti i sentieri, una sorta di filtro, una spugna; ci sono anche i transumanti, i briganti, i nomadi, i commercianti, i clandestini, i migranti, i vagabondi e gli erranti senza meta, tutti. Nessuno viene escluso dalla viandanza. Deve essere immaginata come una casa mobile che accoglie senza discriminazioni chiunque, per una ragione o per l’altra, si è messo in cammino. La viandanza non discrimina: si può essere credenti o no, con o senza i piedi, con le stampelle, in carrozzella, con qualsiasi menomazione del corpo o dello spirito. In cammino siamo tutti uguali. Esseri umani basici che hanno bisogno di poche cose, che respirano a fondo, che si fanno domande, che sono a contatto con la terra.
 Il Festival della Viandanza, a cui accennavi, è nato per parlare di tutti coloro che abitano nella viandanza, in quella strana e poco visibile casa mobile, o che a quella casa sono diretti. Non è una rassegna sul camminare, ma sul cammino. Il cammino si può fare con ogni mezzo, anche da fermi. È una condizione, un modo di stare al mondo, e allo stesso tempo un modo di proiettarsi in avanti. Nella viandanza, infatti, c’è una forte carica di speranza e utopia, e questo perché quella casa mobile ha le porte e le finestre sempre aperte.

 
L’evoluzione del cammino, anzi dei cammini, verso Santiago è oggi sotto gli occhi di tutti. Un itinerario esploso sotto ogni punto di vista, sociale, economico, economico, turistico. Un fascio di strade che oggi fa vivere aree rurali che legano la propria identità a questo cammino. Quale prospettive, secondo te, per la Francigena? Come la immagini fra 5 e fra 20 anni?
 
L’Europa è cosparsa di vie, un intreccio intricato, per il semplice motivo che un tempo le persone sono sempre partite da casa propria. Ci sono state epoche in cui in milioni si sono messi in cammino, ed epoche e posti in cui questo è stato visto con sospetto, o è stato addirittura vietato. Quanti andavano a Santiago a piedi cinquant’anni fa? Pochi. Quanti ci vanno oggi? Quasi 300mila, di tutto il mondo, di culture e religioni differenti. C’è chi, tra i “veterani”, che grida allo scempio, parlando di business, di speculazione, di gente che approfitta. Mi fa specie, perché credo che se c’è una cosa che dovrebbe insegnarci il cammino è l’attitudine a giudicare il meno possibile. Anche nel Medioevo gli osti erano in competizione per attirare a sé i pellegrini, a volte andavano addirittura a cercarli. Non era pubblicità, quella? Fa parte della natura umana. Il cammino dovrebbe insegnarci a prendere atto di ciò che siamo, ad includere e non ad escludere. Non esistono veri o finti pellegrini. Si può partire turisti, spregiudicati, assassini, ladri, e arrivare pellegrini. Cioè trasformarsi, sulla via, in esseri umani senza patria, senza carta di identità, soli, ansiosi di condividere con gli altri, liberi. Se capiamo questo, questo movimento di inclusione, allora possiamo ragionare sul futuro della Francigena. Arriveranno sempre più persone, da molti paesi, per le ragioni più disparate, da chi vuole fare il turista nei borghi eccezionali a chi vuole mangiare e bere bene, da chi ha mollato tutto e spera in un cambiamento a chi fa un viaggio devozionale.
C’è spazio per tutti, sulla strada. Se la Francigena sarà inclusiva e accogliente, se saprà conservare la sua storia e allo stesso tempo guardare in avanti, e se sarà amata, allora saranno moltissimi a percorrerla. Il passaparola è la vera risorsa: parti, ti trovi bene, soprattutto ti trovi o ti ritrovi, torni e convinci le persone che ami a farlo. Così è andata a Santiago. Poi sì, ci sono le campagne promozionali, le operazioni di messa in sicurezza, di restauro, ripristino e così via, ma non si sostituiscono al passaparola, sono complementari.
 

Camminare, scrivere, raccontare, trasmettere e restituire le emozioni di viaggio, lentamente. Non è una cosa banale, né scontata. Ma pare che tu sia davvero bravo a farlo (!).  Il tuo ultimo cammino sulla Francigena come è riuscito a dare nuovi impulsi alla tua creatività narrativa ed a far fluire le nuove sensazioni legate viaggio? Il blog che hai deciso di scrivere, come ha condizionato il tuo cammino?
 
Non ho mai scritto durante i miei cammini. Ho annotato delle parole a volte, frasi, versi, scattato foto per ricordarmi le facce e i luoghi. Scrivere è tentare di dare ordine al caos, è un atto di razionalizzazione. Il cammino, invece, è l’esplosione dei sentimenti, delle sensazioni, delle domande senza risposta, degli stimoli, delle passioni, dei desideri incolmabili, degli impeti. Una giornata in cammino corrisponde a una settimana, un mese, un anno della nostra vita in ufficio o a casa. Come fare, alla fine di una giornata di impeti e esplosioni, che è durata un anno, a raccontare tutto quello che è successo? È durissima. Ho voluto fare questo esercizio, questa prova. Mentre camminavo prendevo appunti, alla sera scrivevo, la mattina successiva terminavo e pubblicavo sul mio blog. Ad un certo punto ho avvertito nettamente che era maggiore la fatica di scrivere, cioè di imbrigliare il caos, che quella derivata dal camminare. Ho compiuto in sostanza due cammini, uno del corpo, uno delle parole. L’uno arricchiva e allo stesso tempo depauperava l’altro. Si condizionavano a vicenda. È stata un’esperienza forte, di messa in discussione.
Molte delle domande che ci si fa camminando, di giorno, tendono ad essere sgretolate dalla stanchezza, di sera. Ci carichiamo di punti interrogativi che dopo il tramonto diventano puntini di sospensione, e la mattina successiva non c’è più alcun punto, si parte daccapo. Io invece la sera e la notte restavo appeso a quei punti di domanda. Come se non smettessi mai di dubitare di te e di ciò che ti circonda. È stato un ottimo esercizio. Ho imparato, ad esempio, che non si impara mai nulla. Che si resta esseri umani basici, e niente più.
 

Cosa significa per te viaggiare lentamente alla velocità di 4 km/h, con uno zaino da 10 kg sulle spalle? Cosa rende diversi il cammino verso Santiago e sulla Francigena rispetto ai tantissimi sentieri culturali, di montagna o percorsi podistici che si trovano ovunque, intorno a noi?
 
La velocità esterna non conta. Non mi piace contare i km che ho fatto. Lo faccio ancora, ma non mi piace. Non mi piace nemmeno essere ossessionato dallo zaino, dal suo peso. Tendo a spostare sempre più in là la preparazione dello zaino, che sia all’ultimo momento. Vorrei arrivare al giorno in cui non penserò più allo zaino e non penserò più ai km da fare. Credo che questo sia uno degli insegnamenti del cammino: dimenticare. Dimentica quello che sei, la tua casa, il tuo corpo, quelli che credi siano i tuoi talenti. Non trattenere nulla. È una via lunga e difficile, vincono sempre gli errori. Vorrei anche, per rispondere alla tua ultima domanda, dimenticarmi un giorno di Santiago, di Roma, di Gerusalemme, dimenticarmi tutte le mete, dimenticare le cime, dimenticare qualsiasi cosa abbia a che fare con un obiettivo. Non c’è differenza tra Santiago e la casa dell’amico che vorresti andare a visitare. Siamo noi a dare senso al cammino. Vorrei riuscire, prima o poi, a sentirmi realmente in cammino anche senza camminare. Sembra un paradosso, ma forse meno di quanto sembri…
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Intervista con Roger Vache, Presidente dell’Associazione Via Francigena France

A capo dell’Association Via Francigena France è stato eletto a Reims un nuovo Presidente; si tratta di Roger Vache, che è stato per molti anni consigliere comunale e, in seguito, Assessore a Reims. Grazie a François Louviot per essere stato uno dei pionieri della riscoperta della Via Francigena in Francia.

Dal 2007, l’Association Via Francigena France lavora per sostenere i camminatori, le associazioni e per coinvolgere le istituzioni (Regioni, enti locali, agglomerazioni, città). Un breve riassunto del lavoro dell’AVFF e quali sono le attività future previste dall’Associazione.

Dal 2001, le associazioni compostellane si sono interessate a questa nuova stagione della Via Francigena e hanno deciso di creare l’AVFF, che collabora con l’Associazione Europea delle Vie Francigene e le associazioni dei Paesi interessati. L’AVFF e i suoi membri operano al servizio dei camminatori e dei pellegrini per la promozione e l’organizzazione del percorso, coinvolgendo le istituzioni regionali e dipartimentali, gli enti locali e gli organi della Fédération Française de la Randonnée Pédestre.

Gli obiettivi futuri sono quello di proseguire nella sistemazione del cammino e quello di partecipare alla sua valorizzazione e in particolare:

•         Proseguire con la realizzazione dell’applicazione per iPhone e Android di geolocalizzazione in collaborazione con la FFICE, la Federazione Francese degli Itinerari Culturali Europei, di cui è socio fondatore.

•         Realizzare una guida pratica del tratto francese per camminatori e pellegrini.

•         Proseguire con la creazione della catena dell’ospitalità, intervenendo presso gli enti locali per la creazioni di alloggi e organizzando l’accoglienza dei camminatori e dei pellegrini.

•         Assicurare informazione e supporto a pellegrini e camminatori nella preparazione del viaggio.

•         Lavorare alla promozione della Via Francigena partecipando al festival, organizzando manifestazioni lungo il percorso, camminate (le cosiddette giornate d’ispezione), conferenze, mostre, etc.

•         Partecipare alle fiere del tempo libero e dell’escursionismo.

•         Creare un ufficio sempre aperto.

La Via Francigena in Francia attraversa 4 regioni: il Nord-Pas-de-Calais, la Picardie, la Champagne-Ardenne e la Franche-Comté, ossia 8 dipartimenti (il Pas-de-Calais, la Somme, l’Aisne, la Marne, l’Aube, la Haute-Marne, la Haute-Saône et il Doubs); in particolare attraversa Calais, Arras, Laon, Reims, Châlons-en-Champagne, Bar-sur-Aube, Langres, Besançon e Pontarlier.

Via Francigena in Francia vuol dire circa 800 km di percorsi per escursionisti e pellegrini, da percorrere a piedi, in bicicletta o a cavallo, per un turismo lento, spirituale, sportivo, culturale e culinario, grazie alla valorizzazione dei prodotti tipici. L’AVFF partecipa allo sviluppo sostenibile di questa forma di turismo.

Se consideriamo che l’afflusso di pellegrini sulla Via Francigena è uguale a quello dei Cammini di Santiago di 15 anni fa e se consideriamo l’afflusso attuale dei Cammini di Santiago, per la Via Francigena si prospetta un futuro roseo, a patto che sistemiamo e mettiamo in sicurezza le criticità.

 

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Intervista con Jane Wang, pellegrina e appassionata di Via Francigena. La cultura asiatica incontra il cammino.

Jane Wang ha percorso la scorsa estate la Via Francigena, in bicicletta, partendo da Canterbury. Un lungo viaggio, affrontato senza una particolare preparazione fisica e con il grande desiderio di vivere intensamente le emozioni del cammino.

Jane viene da Hong-Kong, ha vissuto negli Stati Uniti, in Europa ed è attualmente a Firenze, dove è impegnata in ambito culturale. Le sue radici cristiane e la volontà di scorprire “lentamente” l’Europa l’hanno spinta a percorrere la Francigena. “Un viaggio fantastico!”

1) Perchè hai deciso di iniziare il tuo cammino sulla Via Francigena?
La Francigena è un itinerario storico che permette di conoscere le radici ed i valori europei. Rappresenta inoltre una opportunità per supportare il dialogo interculturale.
Quando ero piccola ho letto in Cina, su una rivista, informazioni sulla Francigena; ho poi letto un libro su questo itinerario quando vivevo in Germania. Per me la Francigena ha sempre rappresentato un sogno, quello cioè di attraversare i Paesi europei, entrando in contatto con la spiritualità ed ascoltare il messaggio di Dio.

2) Cosa rappresenta per te la Francigena?
Per me la Francigena è un simbolo di vita, una via autentica che può metterti in contatto con Dio, con culture differenti, con le persone e ti consente di immergerti nella storia, vivendola al tempo presente.

3) Pensi che in futuro la Francigena potrà attirare persone provenienti dalla Cina e dall’Asia?
Assolutamente sì!
La Francigena mette in grande risalto aree territoriali, città, tradizioni locali poco conosciute al di fuori dei circuiti italiani o europei tradizionali.

4) Cinque ragioni per consigliare la Francigena, punti di forza e critici dell’itinerario
A/ Cristianità
Forza: l’aspetto cristiano e legato alla spiritualità rappresenta un punto di forza soprattutto per i cristiani credenti e, comunque, è una delle motivazioni principali che spinge al cammino
Debolezza: Sicuramente non si può considerare la Francigena solo un itinerario religioso, ma lo si percorre con molteplici motivazioni

B/Cultura
Forza: capacità di attirare molte persone asiatiche ed americane grazie al fascino della cultura europea
Debolezza: difficoltà di sintetizzare tutte le declinazioni culturali all’interno del percorso, il quale presenta una sua attrattiva culturale a seconda dei differenti Paesi

C/Sport
Forza: la Francigena attira un numero crescente di giovani e tanti appassionati che amino lo sport outdoor
Debolezza: da questo punto di vista, ci sono anche tanti altri itinerari trekking e vie di pellegrinaggio che presentano forte attattività per chi ama fare sport outodoor

D/Turismo
Forza: la Francigena rappresenta indubbiamente una opportunità unica per scoprire lentamente un itinerAria culturale immerso nella storia e nel paesaggio. Questo lo differenzia da altri “prodotti turistici”
Debolezza: Questa tipologia di turismo, seppure in crescita, deve ancora raggiungere un target ampio di persone

E/Arte
Forza: le eccellenze artistiche lungo il percorso rendono molto attrattiva la Francigena, soprattutto per le persone provenienti al di fuori dell’Europa.
Debolezza: per chi proviene da altre culture non sempre è facile riuscire a comprendere il significato culturale che ruota intorno a queste eccellenze, legate alla cultura europea.

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Intervista con Federico Massimo Ceschin, impegnato con la Regione Puglia e Vice Presidente dell’Associazione Europea Vie Francigene

Federico Massimo Ceschin si occupa di innovazione e qualità nella Pubblica Amministrazione dai primi anni Novanta. Ha avuto l’opportunità  di operare per le principali società di consulenza direzionale presso amministrazioni centrali e locali, conseguendo esperienze in varie Regioni d’Italia e d’Europa. Da qualche anno si è fermato in Puglia, dove è stato impegnato nella gestione dei Grandi Eventi e nel
riposizionamento strategico della Città di San Giovanni Rotondo, sul Gargano dove ha creato prima Bitrel, la “Borsa Internazionale del Turismo Religioso, dei Pellegrinaggi e dei Cammini” e poi “Vie Sacre“, esposizione dei Percorsi e delle Manifestazioni del Sacro.
In forza alla Regione, si è occupato di revisione della normativa turistica e poi di progetti di eccellenza. Nominato nell’Ufficio di presidenza dell’Associazione Europea delle Vie Francigene, è stato  eletto vicepresidente.

1) La Puglia e la Via Francigena: un binomio che in questi ultimi anni sta diventando sempre più forte. La regione Puglia nell’ultimo decennio è diventata una importante destinazione turistica internazionale grazie al mare, storia, cultura, cucina e festival. Perché puntare anche sulla Francigena ed al flusso di pellegrini? Come ci si prepara per accoglierli?

Sì, oggi possiamo dire che Puglia e Francigena sono un binomio. Per la relazione ormai consolidata tra la Regione e l’Associazione Europea, per l’adesione di sempre più numerosi Comuni, Enti territoriali e Gruppi di Azione Locale, per l’integrazione sempre migliore tra attività di animazione territoriale e Festival Europeo delle Vie Francigene, ma direi soprattutto per questioni di vocazione territoriale: la Puglia, in fondo, è un lembo di terra immerso nel Mediterraneo, con una storia densissima di incontri tra popoli e genti che oggi diventa un’eredità straordinaria da condividere con i visitatori e – in particolare – con l’umanità che si riscopre e si ritrova nei gesti quotidiani e semplici del Cammino.
Ci piace pensarci come una sorta di “ponte” con le altre sponde del Mediterraneo: un crocevia naturale di diversità con spiccate doti di accoglienza, di incontro e di dialogo. Che si tratti di percorrere lentamente i territori ampi e plurali di Puglia, a piedi o in bicicletta, o anche semplicemente di condividere il momento del convivio, seduti alla tavola di una masseria, all’ombra di un ulivo millenario, pensiamo che l’accoglienza autentica e genuina del nostro tessuto ancora ampiamente rurale, poco antropizzato, possa regalare emozioni altrove inarrivabili.
La Regione, per tramite della sua Agenzia Pugliapromozione, ha inteso investire il proprio Progetto di Eccellenza Turistica, cofinanziato dal Ministero della Cultura e del Turismo, per iniziare la infrastrutturazione, messa in sicurezza e segnaletica, del primo tratto pugliese delle Vie Francigene, sui Monti Dauni: saranno i primi 45 km di percorso completamente attrezzati, sui valichi appenninici e verso la grande piana del Tavoliere.

2) In Puglia passano altri itinerari storici, culturali e religiosi, come la via micaelica, ad esempio. Il progetto della VF come si inserisce in questo fascio di strade e, di fatto, come è possibile creare concrete sinergie?

La posizione della Puglia, propaggine estrema del grande Itinerario Culturale Europeo con il Santuario di Santa Maria di Leuca – il “finisterrae” italiano – è strategica da millenni, ben prima che l’impero romano eleggesse i suoi porti a corsia preferenziale dei viaggi verso Oriente. E’ quindi naturale che, nel tempo e con diverse stratificazioni, si siano sovrapposti percorsi di storia e di culture che hanno disegnato una mappa molto ricca. Penso all’Appia Antica, alla Via Traiana, certamente alla Micaelica, ma anche alla Litoranea, alla Aecas-Sipontum (Beneventum), alla Herculea, alla Egnazia, alla Calabria, alla Leucadense: tutte strade che raccontano la nostra storia, come anche i Tratturi della Transumanza, solo per citare altre “green road” che oggi si possono felicemente ed efficacemente intersecare con i tracciati principali delle Vie Francigene.
Le sinergie più concrete si trovano sui territori, dove un partenariato sempre più ampio di soggetti – istituzionali, profit e non profit – hanno dato vita a progetti comuni, con un raggio d’ampiezza che coinvolge la vicina Basilicata e guarda con attenzione alla Campania, al Molise, al Lazio e all’Abruzzo. Ma anche alla Calabria e soprattutto alla Sicilia, dove le Vie Sacre stanno assumendo un ruolo decisamente importante nella ricostruzione di un tessuto d’offerta turistica diffuso, destagionalizzato e sostenibile, imperniato sulla mobilità lenta e sui valori condivisi dalle comunità locali.

3)La Puglia ha aderito con convinzione dal 2011 ad AEVF, con l’auspicio di favorire l’implementazione ufficiale del percorso europeo verso Sud. L’obiettivo principale rimane quello di inserire il progetto all’interno di una dimensione internazionale, che lega idealmente il Kent alla Puglia in un asse di 2500 km, aprendo l’orizzonte verso il Mediterraneo. Come affrontare questa sfida, in collaborazione con istituzioni università e associazioni?

E’ stato compiuto un grande lavoro di analisi e di sintesi, che ha avuto come fondamenta i saperi residenti negli Atenei pugliesi e meridionali, con il supporto dell’Associazione Europea e l’assistenza tecnica di autorevolissime organizzazioni, quali Civita e la Società Geografica Italiana.
Dal 2010, un’importante azione di “scouting” e diffusione dei risultati è stata condotta sui territori, spesso ricorrendo a formule informali e partenariati costituiti enti e associazioni locali, che lentamente hanno finito per costituire l’ossatura della rete regionale (e interregionale) che oggi si presenta così ampia.L’obiettivo rimane quello stabilito nel 2012 presso l’Istituto Europeo degli Itinerari Culturali di Lussemburgo, dove ci recammo con il presidente Massimo Tedeschi per incontrare la direttrice, Penelope Denu: da allora, abbiamo seguito passo dopo passo le procedure che ci erano state illustrate, fino a giungere ad oggi, vigilia della presentazione del dossier di candidatura per l’allungamento del Grande Itinerario fino a Brindisi, magari anche fino a Otranto e Leuca, attraverso due direttrici fondamentali: ripercorrendo la via Traiana, con riferimento anche alla via dell’Arcangelo, verso la Grotta di San Michele a Monte Sant’Angelo, e dall’altra lungo i percorsi dell’Appia Antica.
Un passo importante, senza alcun dubbio, è l’investimento nel capitale umano: la creazione di un Master sugli Itinerari Culturali Europei presso l’Università di Foggia, insieme ai corsi sviluppati dal Consorzio Universus e quelli organizzati da “Francigena Academy” con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e della Facoltà Teologica Pugliese, sono destinati a produrre risultati importanti.
Per il futuro prossimo, confido molto nell’apertura di una sede AEVF nell’ambito di Regione Puglia: non soltanto un ufficio amministrativo di supporto agli Enti Locali ma un vero e proprio volano per tutti i portatori di interesse delle Vie Francigene: associazioni, cooperative, pro loco, fondazioni, diocesi, parrocchie, gruppi di azione locale e altre vivaci realtà territoriali.

4)Il modello di riferimento per lo sviluppo delle infrastrutture legate alla francigena rimane il master plan della regione Toscana? Quali iniziative può mettere in campo la Puglia lungo i suoi 400km?

Il modello di riferimento è certo necessariamente la Toscana, regione di assoluta leadership francigena. Non tanto e non soltanto per averci creduto tanti anni fa, fruendo della visibilità indotta dal progetto in questi vent’anni dal riconoscimento del 1994, ma soprattutto per le azioni attuali: la pianificazione del Master Plan è già di per sé un modello, ma la sua attuazione era tutt’altro che scontata, mentre oggi possono assistere con orgoglio le centinaia di migliaia di presenze che si manifestano lungo percorsi sicuri, infrastrutturati, segnalati e promossi.
Con il Progetto di Eccellenza, Regione Puglia ha attinto a quelle esperienze e cercato di innestare le competenze locali, in particolare quelle eccellenti presenti nell’Ente Provincia di Foggia. Ma la vera sfida, oggi, è rappresentata dall’idea di un Master Plan europeo, che uniformi e coordini gli interventi da Canterbury alla Puglia, magari persino a Gerusalemme.
C’è una grande disponibilità degli amici e colleghi toscani a confrontarsi con noi e con qualunque altro territorio intenda investire seriamente sulle Vie Francigene, con la piena consapevolezza che siamo tutti modesta parte di qualcosa di più grande e più importante, che non si misura con i confini amministrativi o geopolitici.

5)Il festival Michaelic, alla prima edizione, sta ottenendo ottimi riscontri in termini di partecipazione, visibilità e qualità delle proposte. Cosi come sorprende il dinamico tessuto imprenditoriale locali che sta sostenendo questi progetti attraverso reti di impresa. Il binomio pubblico-privato a sostegno della Francigena e della cultura sta funzionando?

Siamo soltanto all’inizio. Ma se il buon giorno si vede dal mattino, direi che stiamo assistendo a un’alba radiosa.Il Festival Michaelic è terminato dopo aver realizzato più di 40 eventi in oltre 50 località diverse, tra Puglia e Basilicata, coinvolgendo un partenariato con decine e decine di interpreti territoriali – pubblici e privati – che hanno scommesso in questa edizione “zero” con entusiasmo e senza badare al ritorno immediato del loro investimento. E’ stato quindi un successo straordinario – per alcuni versi inaspettato – aver superato le centomila presenze in sole 6 settimane. Ora si è manifestato anche l’interesse dei Tour operator, che guardano alla prossima edizione con l’intento di realizzare pacchetti di offerta su misura.
Credo che il successo dell’iniziativa risieda in tre ingredienti principali: la resa coerente di mondi ed eventi che già condividevano un’ispirazione e dei valori di fondo, ma che fino a ieri non dialogavano (musica, spettacolo, teatro, rievocazioni storiche, arti varie, escursioni, cammini, visite guidate, mostre, ecc.). Il cartellone unico ha stimolato appartenenza, fidelizzazione e cooperazione: tutti elementi fondamentali nella creazione di circuiti di qualità.
Altra motivazione, l’ampiezza territoriale: quando la motivazione è elevata, le persone non temono di sfuggire all’ombra del campanile ma sono disponibili a muoversi, a mettersi in cammino, a incontrare situazioni diverse, inusuali e inconsuete, con grande curiosità.
Da ultimo, ma non meno importante, l’adesione al Festival Europeo delle Vie Francigene: essere parte di un programma di dimensione europea è già di per se stimolante, poi molti nostri organizzatori di eventi e direttori artistici hanno avuto modo di conoscere il coordinatore Sandro Polci che – unendo qualità umane straordinarie a grandi competenze – è riuscito ad elevare il livello di ciascuna iniziativa senza urtare le suscettibilità dei singoli.
Insieme all’evento “Vie Sacre Experience”, che nel 2015 giungerà alla quinta edizione, Michaelic può già di buon grado meritarsi un ruolo di catalizzatore delle energie presenti nei territori ampi e plurali del Mezzogiorno nostro Bel Paese, in un percorso realmente euromediterraneo.

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Oggi parliamo di Francigena con Palmira Orsières, guida escursionistica naturalistica e camminatrice lungo la Francigena

Palmira Orsières, guida escursionistica naturalistica della Valle d’Aosta dal 1991 e guida esclusiva del Parco Nazionale del Gran Paradiso dal 2001. Ha una lunga esperienza di conduzione di gruppi di camminatori lungo la Francigena in Valle d’Aosta, regioni confinanti, Liguria, Toscana, Lazio.

Palmira ha collaborato alla realizzazione di numerose pubblicazioni a carattere escursionistico, naturalistico e storico. Si occupa di storia, tradizioni, cultura alpina, piante officinali e di sentieristica. E’ una erborista diplomata. Socia de La Traccia – Ambiente, natura e cultura – attiva in Valle d’Aosta dal 1994.

 

Come nasce la tua passione per i cammini e per la Via Francigena? Quanti giorni all’anno trascorri sui sentieri? 

Cammino sui sentieri da sempre, è una passione che ho ereditato dalla mia famiglia. A un certo punto è stato quasi naturale diventare guida escursionistica e accompagnare persone sui sentieri della Valle d’Aosta e regioni confinanti, Vallese, Savoia, Alta Savoia e Piemonte.

Con la Via Francigena sono venuta in contatto negli anni 1995-1996, in occasione della creazione di un percorso escursionistico tra Aosta e Martigny, lungo i sentieri esistenti, che ripercorrono, in buona parte il percorso della strada romana e quella medioevale. L’itinerario Aosta-Martigny è diventato in seguito, il cammino della Via Francigena. Questo ha dato l’idea all’Associazione Vallesana di escursionisti, Valrando, di partire a piedi per Roma. guidati dal suo presidente, Willy Fellay e dall’abate di Saint-Maurice Joseph Roduit. E io sono stata integrata nel gruppo.

È iniziata così una bella avventura di cammino, di condivisione di esperienze e di amicizia che mi ha portata per sei anni a camminare, otto-nove giorni all’anno, lungo i sentieri della Via Francigena. Dopo aver completato il cammino a Roma,  abbiamo percorso La Via Francigena da Saint-Maurice a Canterbury. Cammino regolarmente lungo la Via Francigena: il tratto valdostano e quello canavesano lo percorro interamente, in media due volte-tre all’anno, in escursioni di una giornata.

Accompagno gruppi verso Roma e verso Canterbury, camminando 9-10 giorni ogni anno.Nel 2014 abbiamo percorso un tratto, in Italia, tra l’Emilia-Romagna e la Toscana e in Francia, tra Besançon e Chaumont. 


Avendo una grande esperienza di guida ambientale ed escursionistica, come giudichi la differenza fra un sentiero alpino o di montagna ed un itinerario culturale europeo come la Francigena?

Un sentiero alpino o di montagna lo si percorre per raggiungere un colle, un rifugio o una cima, o per compiere un anello, un circuito. Gli itinerari di montagna sono in genere caratterizzati da salite e discese; si sale in vetta poi si ridiscende. Coloro che percorrono itinerari alpini o di montagna sono generalmente escursionisti.

L’itinerario culturale europeo della Via Francigena, o altri cammini culturali conducono da una località all’altra, attraverso territori a volte molto diversi tra loro. Il percorso può essere di un giorno, di una settimana, o anche più. Chi intraprende questo tipo di cammino, all’inizio, non è necessariamente un escursionista. Ma lo diventa nel momento in cui decide di iniziare un cammino.

Per andare da Canterbury a Roma si percorrono territori molto diversi. Si attraversano pianure, colline, montagne, poi nuovamente pianure e colline. Le tipologie di percorso sono assai varie: nelle pianure percorriamo spesso strade agricole, con il fondo in terra battuta, o con asfaltato. Lo stesso vale per le colline. Diverso il discorso per le zone di montagna, dove si percorrono itinerari alpini, con dislivelli anche importanti. Il bello del cammino della Via Francigena è proprio la ricchezza della diversità dei territori attraversati.


Ti occupi del cammino da tanto tempo, in particolare nella Valle d’Aosta e nella parte svizzera del percorso. Dal tuo punto di vista, come vedi lo sviluppo della Francigena negli ultimi anni e quali sono, a tuo avviso le prospettive future. Cosa può rappresentare la Francigena per la Valle d’Aosta in ambito culturale, sociale, turistico ed economico?

Il passaggio di pellegrini lungo la Via Francigena negli ultimi anni è aumentato in modo notevole. Le statistiche lo confermano. La Via Francigena può rappresentare una grande opportunità per lo sviluppo turistico ed economico delle località non troppo toccate dai grandi flussi turistici, località spesso definite “minori”, ma che racchiudono un patrimonio di architettura rurale e non solo, di arte, di cultura, di tradizioni e di storia.

Ho sentito spesso ripetere la frase: In questi luoghi, non fossi passato a piedi, non avrei mai avuto la possibilità di visitarli. A mio parere la Via Francigena è una grande opportunità di sviluppo turistico, economico, culturale e sociale e merita di essere valorizzata. Questo vale per la Valle d’Aosta, ma anche per l’intero percorso. 


Criticità e punti deboli da affrontare per far decollare la Francigena. Quali sono, a tuo avviso, le tre cose principali da fare per migliorare la fruibilità del percorso in Valle d’Aosta e su tutto il percorso? E come affrontarle concretamente?

I pellegrini per percorrere l’itinerario a piedi necessitano soprattutto di 3 cose:

– Il percorso definito, con una buona manutenzione, che si sviluppi possibilmente attraverso la natura, evitando strade di grande traffico.
– La segnaletica chiara e precisa.
– Strutture ricettive per alloggiare.

Quindi, per migliorare la fruibilità del percorso occorre verificare periodicamente i sentieri ed effettuare la manutenzione ordinaria, ponendo attenzione alla segnaletica e integrandola là dove risulta carente, soprattutto in entrata e in uscita dai centri abitati.

A mio parere sulla cartellonistica sarebbe opportuno dare l’indicazione del primo centro abitato che si incontra, con il tempo di percorrenza. Nei tratti di pianura è utile anche l’indicazione dei chilometri tra una località e l’altra. Altro punto importante è sicuramente la ricettività, occorre aumentare le possibilità di alloggio, in modo da offrire ai pellegrini la possibilità di stabilire la lunghezza delle tappe in base alle loro esigenze.Negli ultimi anni sono sorte lungo il percorso numerose nuove strutture ricettive, ma vi sono ancora località che risultano carenti.A mio parere occorre offrire una ricettività diversificata, che soddisfi le diverse categorie di pellegrini.

Ci sono i pellegrini solitari o in piccoli gruppi, che compiono il percorso integralmente e in autonomia, che ricercano un’ospitalità più economica. Ci sono pellegrini che viaggiano a ritmo più lento, pur procedendo di 25-28 chilometri al giorno, apprezzando i luoghi, il contatto con le persone e i panorami attraversati. Occorrere offrire alle diverse categorie di pellegrini la possibilità di alloggiare secondo le loro disponibilità e il loro modo di vivere il viaggio.

E aggiungerei, infine: una comunicazione efficace e chiara e aggiornata:

– sui posti tappa, con tutte le indicazioni necessarie per la prenotazione;
– sui principali servizi (ristorazione e rifornimento, farmacia, ecc )
– sul percorso e sulle eventuali varianti; molto spesso queste ultime si confondono con i percorso ufficiale;
– sulle eventuali criticità sul percorso;
– e inoltre, per coloro che viaggiano “lentamente”, la segnalazione delle tipicità del territorio (cultura, storia, prodotti del territorio).

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Intervista con Sandro Polci, ideatore e Direttore del Festival Europeo della Francigena “Collective Project”

Intervista con Sandro Polci, architetto, partner cresme consulting, presidenza comitato scientifico legambiente, svolge attività didattica, di ricerca e progettazione. Da alcuni anni si è lasciato plagiare dal Camminare (lento) e dalla Via Francigena.

Ha ideato e proposto il Festival Europeo della Via Francigena “Collective Project, voluto da AEVF e Associazione Civita. Vari articoli in proposito e manuale (“La valorizzazione della Via Francigena. I percorsi, l’accoglienza, l’offerta culturale”, scaricabile anche da www.Civita.it). Ha tanti buoni compagni di cammino, tra i quali Nerì Marcorè e Giovanni Balzaretti che hanno portato in scena alcune sue, forse improbabili, storie.

 

Il Festival Via Francigena Collective Project, una idea vincente nata nel 2011 in collaborazione con l’Associazione Europea delle Vie Francigene e Civita. Un progetto che, fin da subito, è stato pensato per aggregare i territori, far conoscere le iniziative e svilupparsi in una dimensione europea. Che necessità c’era del festival?

“Sorry! The lifestyle you ordered is currently out of stock” (scusate il vostro stile di vita è attualmente fuori produzione!) questa scritta, recente, su un muro di città industriale inglese può essere un ragionevole punto di partenza per chi pensa a un nuovo fare sociale, più responsabili e condiviso. E il cammino ne è l’atto sintetico ed esemplare: il germe e la cura per quanti pensano al singolare. Anche quando Pasolini scriveva “Soltanto solo, sperduto, muto, a piedi, riesco a riconoscere le cose” intendeva la solitudine personale dell’andare non l’isolamento dai tanti che nel camminano trovano speranza e spirito. Così, dopo tante esperienze sperimentate nei territori, abbiamo pensato, di intessere un dialogo semplice, direi francescano, tra i tanti che, senza rinunciare alle proprie caratteristiche – dei luoghi, delle culture, delle specificità – volevano riconoscersi in uno spirito di pace, euromediterraneo e pellegrino. Con AEVF e Civita si è fatto il resto e i 180 enti territoriali – di cui oltre 100 pubblici – che oggi aderiscono al festival edizione 2014, lo dimostrano.

Il numero di pellegrini e di eventi lungo l’itinerario euromediterraneo è in continuo aumento e il 4° Festival Europeo della Via Francigena, “Collective Project” lega territori, spiritualità, storie buone e tipicità lungo i cammini che hanno fatto la storia d‘Europa. In 2 numeri, la crescita dei viandanti è esponenziale: oltre il 40%, come gli eventi aderenti al Festival, ben oltre 300, da Canterbury a Gerusalemme.

Tanti eventi, ricchi e diversi. Uno, ad esempio, con 100 mila pellegrini come il cammino dal tramonto all’alba da Macerata Loreto o le affollate celebrazioni di Canterbury ma anche poche decine di preziosi pellegrini che arrancano felici sulle Alpi francesi o piemontesi. È l’amore di chi parte dai territori, del bottom up inestinguibile, di chi si sente radice di un luogo e non foglia al vento, che ha voluto nel festival una bandiera comune. I nostri mezzi sono pochi, pochissimi e ringraziamo quanti si sentono rappresentati nello spirito – non certo per convenienza – in questo comune sentire. Il tema di questo 2014 è stato: “Europa, il risveglio” perché a vent’anni dalla definizione del Consiglio d’Europa della rete dei percorsi, in anni di indicibile sofferenza per tanti cittadini europei, si sente la grande necessità di ridestarsi, dare nuova linfa al comune sentire. Una “visione di speranza”, merce rara in questi anni di mutazione. Come si vede dall’”ala di pistrello” nel grafico che segue, fanno la parte del leone il trekking e le visite guidate, senza dimenticare, come tu giustamente sottolineavi, i prodotti della terra e del lavoro dell’uomo, le “ibridazioni culturali di nuove espressioni artistiche che arricchiscono quanto già studiato e indagato scientificamente. Per chi ciò facendo, compie atto di fede, vi sono inoltre i momenti di celebrazione e testimonianza.

I numeri in forte aumento testimoniano, oggi, come sia grande questo senso di appartenenza alla Via Francigena e come sia importante sapersi mettere in rete. Potresti farci una sintesi di questi primi 4 anni, con numeri, budget, attività e prospettive future. Perché il festival può essere considerato un “caso di successo”?

Non sottovaluterei le adesioni, cresciute esponenzialmente, come mostra il disegno sottostante e ben 352 per il 2014 entusiasmano tutti i pellegrini. Inoltre ogni evento dura anche più giorni e così è possibile “essere francigeni” per quasi tutto l’anno. Inoltre è importante la sua funzione anticiclica rispetto al turismo. Noterete nel grafico come i picchi del turismo balneare non si sovrappongono alla domanda della Via e del festival. Come spiritualmente, anche per la crescita di un terzo settore professionale e attivo, esiste complementarietà, non solo possibile ma auspicabile.

Quanto è importante la comunicazione e come, nel 2014, si possono raggiungere importanti risultati attraverso la rete ed i social network?

La rete è il migliore sponsor delle campagne povere. Il nostro recente esperimento di un interfaccia semplice e concreto per scegliere gli eventi “quando, dove, che cosa” ( www.festival.viefrancigene.org ) tu sai quanta soddisfazione ci dia con migliaia e migliaia di pellegrini interessati che entrano e scelgono. Se solo avessimo alcune mani in più per digitare…

Oggi il Festival risponde alla domando di incontro, di cammino lento, di aggregazione, di condivisione, di riscoperta di territori. La Via Francigena, oggi, può rappresentare un modello per lo sviluppo del nostro Paese ed una opportunità per rilanciare un “brand” Italia legato ai cammini?

L’”Impresa Cultura Italia” (imprese creative, beni artistici, design, architettura, ecc.) conta più di 450 mila imprese: quasi 8% dell’economia nazionale. E’ un settore anticiclico (+3.3 del 2012 sul 2011 in una nazione in recessione) con 75 miliardi di euro di valore aggiunto (il 5,4% del totale secondo Fondazione Symbola). E’ questo un universo che si alimenta insieme di archetipi e novità: camminare, pellegrinare, condividere, spiritualità, fede sono le radici di fragranze che germogliano ogni volta diversamente: ibridare pensieri ed espressioni artistiche, scrivere, dipingere o celebrare prodotti, manifatture e luoghi. Chi più ne ha più ne metta… purchè resti è un collective project.

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Intervista con Nicola Fantozzi, assessore delcomune di Altopascio e Vice Presidente dell’Associazione Europea delle Vie Francigene

Inervista Nicola Fantozzi, assessore del comune di Altopascio e Vice Presidente dell’Associazione Europea delle Vie Francigene.

Un riconoscimento al suo impegno personale, alla qualità del suo lavoro per valorizzare la via Francigena e una riprova del ruolo di primo piano che Altopascio riveste quando si tratta di iniziative e opere su questo percorso turistico-spirituale per il quale il comune ha investito molto in termini economici e di risorse umane.
Oggi i comuni hanno sempre meno risorse economiche, non è quindi cosi scontato che una amministrazione decida di investire sulla Francigena. Come invece sta facendo da anni Altopascio (e cosi tanti altri comuni).

 

Il comune di Altopascio da anni investe sullo sviluppo della Francigena, dal punto di vista culturale, turistico e sociale. Perché oggi, con questa crisi economica in atto, un amministrazione comunale dovrebbe continuare a dedicare tempo, risorse ed energie alla Francigena? 
Quanto la città di Altopascio si identifica con la Francigena?

La città di Altopascio si identifica profondamente con la via Francigena, dato che, direi da sempre, è luogo conosciuto da tutti per la qualità dell’ospitalità che si riserva al pellegrino di passaggio nella nostra terra. Se Altopascio è citata addirittura dal Boccaccio nel Decameron, la fama del nostro paese doveva essere davvero tanta. Fama che, ancora oggi, con la foresteria gestita direttamente dal Comune e con i progetti di valorizzazione posti in essere in questi anni, abbiamo inteso alimentare, consolidando la centralità di Altopascio sul cammino italiano della Francigena. I dati dei passaggi di questi anni, in costante aumento, sono lì a dimostrare che la direzione è quella giusta: sempre di più l’utenza varia della Via Francigena – siano pellegrini, turisti, appassionati o altro – sta facendo crescere l’intero sistema, creando occasioni di sviluppo anche per gli esercizi commerciali presenti sul territorio.

 

Nel 2014 come giudichi il trend dei camminatori francigeni? I numeri di persone che si fermano all’ostello di Altopascio ed al altre strutture ricettive, come B&B e hotel, sono realmente in aumento?

 

Il trend è sicuramente positivo. Magari non abbiamo avuto, nell’anno in cui Regione Toscana ha formalmente inaugurato il tratto regionale della Via Francigena, “invasioni” da parte dei pellegrini ma, lasciamelo dire, questo è un fatto addirittura positivo. L’aumento dei pellegrini è costante, non è quindi, a mio parere, solo frutto della moda di un momento, ma il risultato di anni di lavoro serio che ha fatto della Francigena un credibile prodotto turistico-culturale.

Quali sono le iniziative che l’amministrazione sta svolgendo a favore della francigena e quali sono le progettualità future?

 

Nel giro di pochi mesi, forse addirittura entro la fine dell’anno, inaugureremo la nuova Foresteria Comunale nel Centro Storico di Altopascio. Un traguardo per noi importantissimo, che abbiamo potuto cogliere grazie al contributo della Regione Toscana, che ha finanziato l’iniziativa e alla quale va il mio più sentito ringraziamento; poi, sempre grazie al contributo della Regione e della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, avvieremo nel corso del 2015 i lavori presso l’Abbazia di Pozzeveri, importantissima struttura già esistente prima dell’anno 1000, nella quale troverà posto un centro di documentazione sui temi del pellegrinaggio. Inoltre, stiamo lavorando ad una serie di appuntamenti di cui vi darò volentieri notizia quanto prima, magari da queste stesse pagine.
 
 
Altopascio, conosciuta anche come città del pane (e della Francigena!). Quali sono le prospettive future che possono legare i territori sulla Francigena a partire dai prodotti tipici? Ritieni sia un ulteriore modo per far conoscere l’autenticità del cammino?

 

La risposta non può essere che positiva. Il pane era alla base della dieta dei pellegrini che sostavano ad Altopascio; al loro arrivo i viandanti e gli ammalati ricevevano le “pistacchie”, piccoli dischi di metallo in lamina stampata, che presentavano al dispensiere ricevendo in cambio vitto ed eventualmente alloggio. Esse si differenziavano per colore, e ad ogni colore corrispondeva un diverso trattamento: si ricevevano un pane e un vino di pregio diverso, a seconda che a richiederli fosse un pellegrino di questo o quel censo.

Un filo sottile lega dunque tutta la storia di Altopascio, dalle origini fino ai nostri giorni, un filo che lega, idealmente, il concetto di ospitalità con il pane, che rappresenta, simbolicamente, proprio quell’ospitalità. Il pane è quindi così centrale nell’economia e nella storia di Altopascio che il nostro Comune è capofila dell’Associazione Nazionale Città del pane, che conta oggi circa 50 città italiane note per questa tradizione.

E’ questa infatti la sfida che vogliamo lanciare, noi amministratori impegnati in disegni di promozione territoriale integrata, che si parli di pane o di Via Francigena; dobbiamo porre con forza, soprattutto nell’ambito della politica culturale e turistica, una ricerca consapevole di linea strategica precisa, che abbia la dimensione del domani, del possibile, in sostanza di un futuro che può essere raggiunto.

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Intervista con Giovanni Corrieri, infaticabile camminatore e grande conoscitore della Via Francigena

Intervista con Giovanni Corrieri, uno degli “angeli dell’itinerario” Francigeno.

Conosciuto dai pellegrini che percorrono la Via, sempre pronto ad accompagnare viandanti lungo il cammino (dai primi anni Novanta), dispensando loro abbracci, consigli pratici e calore. In collaborazione con l’Associazione Toscana delle Vie Francigene, di cui è membro, si dedica costantemente alla manutenzione del percorso ed alla messa in sicurezza del tracciato, soprattutto nel territorio toscano che conosce in ogni suo centimetro di terreno. Chi percorre la Francigena in Toscana, prima o poi, sicuramente avrà il piacere di incontrare Giovanni Corrieri, sempre pronto a dare una mano ai pellegrini.

1) Giovanni, cosa vuol dire mettersi in cammino su un percorso come quello della Via Francigena?

La Francigena è un cammino. I cammini, secondo me, si fanno prima con lo spirito, poi con il cuore, poi con il cervello ed in ultimo con le gambe. La Francigena ha una spiritualità (parlo di spirito, si badi bene) molto più alta del cammino di Santiago e forse anche di quello di Francesco. Non si va sulla Francigena per fare una semplice passeggiata. Chi fa questo, secondo me, non ha capito molto dello spirito del cammino, ma si va sulla Francigena per fare il NOSTRO cammino. Non siamo più guidati dal cervello ma dal nostro spirito, non camminiamo solo con le nostre gambe, ma soprattutto col nostro cuore, allora sì che il cammino prende forma, ci avvolge in un abbraccio che poi noi trasmetteremo agli altri facendoci riscoprire valori come la fratellanza, la condivisione, il volerci DAVVERO bene, ci fa riscoprire il nostro prossimo e soprattutto ci fa leggere dentro di noi il cammino della nostra vita.

Cercare, trovare, “respirare” le impronte dei tantissimi pellegrini che prima di noi hanno percorso questa via, così come lasciare le nostre di impronte è la parte forse più intima del cammino. Tutto questo lo troviamo, se sappiamo cercarlo, lungo i cammini, ma è soprattutto la Francigena stessa che sa trasmettere una grande spiritualità. Francigena significa arrivare alla tomba del Principe degli Apostoli pensando che anche Lui ha lasciato impronte su questa via, che ci trasmette quella energia spirituale che non ha confronti su altri cammini. Significa fermarsi alle Briccole dove fratello Francesco si è unito in mistiche nozze con madonna Povertà che ci riempie e ci riscalda il cuore. Significa fare ogni giorno almeno per un’ora il cammino in silenzio ascoltando solo la voce della natura che ci trasmette la dimensione esatta della nostra vita.

2) Sicurezza, manutenzione e segnaletica. Sono temi indispensabili per rendere fruibile il percorso. La Regione Toscana è un modello a livello europeo per quanto ha fatto e sta facendo, anche in collaborazione con enti locali ed associazioni. A che punto siamo, in Toscana.

Il lavoro svolto dalla Regione Toscana è un modello europeo e se ne vedono i risultati. In merito a sicurezza, manutenzione, cartelli, fino a poco tempo fa ricevevo molte segnalazioni di protesta. Ora possiamo affermare che, nonostante ci siano ancora criticità da affrontare, spesso le segnalazioni che si ricevono hanno toni amichevoli e di ringraziamento per il lavoro svolto.

Purtroppo ci sono da evidenziare anche alcuni problemi. Ci sono ad esempio guide cartacee che si discostano dal percorso ufficiale, come quella di “Terre di Mezzo”, che indirizza i pellegrini a camminare su tanti km di asfalto e a percorrere strade molto trafficate come la via Cassia, con i pericoli che questo comporta. Personalmente ritengo che andrebbe regolamentato l’utilizzo della segnaletica per chi propone un percorso che si discosta da quello ufficiale. I pellegrini ad esempio sanno che la freccia bianca è uno degli indicatori per Roma, invece lungo il percorso troviamo frecce bianche disegnate per indicare percorsi di attività occasionale e locale come passeggiate e/o corse podistiche che traggono in inganno i pellegrini. Anche questo andrebbe vietato o regolamentato lungo tutto il percorso ufficiale.

La manutenzione va migliorata, siamo d’accordo, specialmente durante il periodo estivo. Purtroppo l’erba alta che in molti casi copre anche la segnaletica è un problema di massima importanza che deve essere affrontato con continuità. La via Francigena dovrebbe rappresentare il biglietto da visita più importante per quei territori da essa attraversati, ma non sempre avverto la giusta sensibilità verso di essa: ad esempio talvolta si incontrano alcune discariche che oltre a degradare il nostro bellissimo territorio, non generano certo una buona pubblicità.

Una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni locali sarebbe auspicabile, anche se oggi possiamo dire che la sicurezza è buona, gli accorgimenti messi in atto sono eccellenti e, specialmente nei punti più pericolosi, sono davvero funzionali. E’ necessario, anzi indispensabile, un controllo costante, un monitoraggio continuo per poter integrare e controllare la segnaletica, rilevando  le criticità che sono sempre presenti in un tratto lungo ed importante come quello toscano. L’Associazione Toscana delle Vie Francigene è presente, ma i mezzi a disposizione non sono sufficienti per poter effettuare un monitoraggio ed un controllo stabile ed efficace. Ciò che non ci manca, invece, è la professionalità e la conoscenza di tutto il tracciato!
 
Una nota un po’ dolente è rappresentata, invece, dall’accoglienza. Benché la Regione Toscana abbia finanziato molti ostelli, quelli attivi o in stato di prossima attività sono ancora pochi. Auspico che nei prossimi due, tre anni si riesca a dare un’accoglienza migliore su tutto il tratto. La gestione attuale dell’accoglienza è fatta in prevalenza da istituti religiosi i quali, a volte, mettono in difficoltà i pellegrini che magari fanno solo poche tappe, negandogli l’accoglienza stessa. Ritengo comunque sia doverose un però “grazie” al tempo ed all’impegno che queste persone mettono a disposizione per accogliere i pellegrini. Meno male che loro ci sono!

E’ tuttavia necessaria un’accoglienza non solo religiosa, ma anche che i privati, specialmente coloro che hanno B&B o agriturismi sul tracciato destinino una piccola parte all’accoglienza “povera”. Comunque voglio sottolineare il mio (e dei molti pellegrini che incontro) incondizionato elogio a coloro che hanno creduto in questo progetto finanziandolo con cifre importanti che sono destinate a diventare un incredibile valore aggiunto per tutta la Regione.

Perché vale la pena percorrere la Via Francigena e perché, soprattutto, vale la pena farlo in Toscana? Raccontaci questi 380km e 15 tappe di percorso, attraverso il tuo punto di vista privilegiato di grande conoscitore della Via. Questo cammino e le bellezze che si incontrano sono poesia in grado di emozionare, cosi come i versi di Dante che spesso reciti in cammino e che tanti pellegrini hanno il piacere di ascoltare

Vale la pena di percorrere TUTTA la Francigena da Canterbury a Roma e poi fino a Gerusalemme perché è “tutta una poesia”, magari spezzando il cammino in più anni. Dal San Bernardo si entra in Italia e, dopo aver percorso la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia si entra in Toscana dalla porta posta al passo della Cisa, e allora sì che la poesia diventa melodia (mi scusino gli altri, ma da toscanaccio sono molto campanilista). Mi piacerebbe illustrare tappa per tappa il percorso toscano, ma ne uscirebbe un vero e proprio tomo e allora cercherò di mettere in un piccolo scrigno quanti più gioielli possibile e….pazienza se molti resteranno fuori. 

Si inizia dalla Lunigiana, il percorso che porta a Pontremoli è bellissimo con i suoi sentieri selciati, i ponti medievali, il lupo mannaio che assale di notte chi è fuori dal castello, e poi quei paesetti che sembrano uscire da un presepe. Ecco Pontremoli, città del libro e dei testaroli. Qui facciamo la conoscenza col fiume Magra, croce e delizia dei lunigiani, e il bellissimo castello del Piagnaro, le steli, sculture dell’uomo che qui viveva 4000 anni fa. Ecco la pieve romanica di Sorano che ci apre Filattiera. Villafranca con il ponte del pellegrino, il castello di Terrarossa, ed ecco don Giovanni che ci accoglie ad Aulla in quel tesoro che è San Caprasio. Ora si lascia il Magra, il sentiero si arrampica ed ecco come spuntare dal nulla Bibola e poi Vecchietto e poi ancora su fino ai 500 metri del Chiapparo. Inizia la discesa e giunti a Ponzano possiamo godere della vista del mare del golfo di La Spezia.

Si scende fino a Sarzana, siamo nella terra dei Malaspina che ospitarono anche Dante, profugo anch’esso, cacciato e condannato dalla Sua Firenze “Godi, Fiorenza, poi che si’ sì grande, – che per mare e per terra batti l’ali, –  e per lo ‘nferno tuo nome si spande!”. Ecco le rovine di Luni, con i suoi mosaici, i resti degli affreschi della ville romane, e, poco distante, lo stupendo anfiteatro. Ecco lassù le cave di marmo, siamo a massa deve splende proprio il castello dei Malaspina: ci passiamo proprio sotto, e, da qui, camminando per antichi sentieri di bosco eccoci a Pietrasanta, città di artisti e centro di cultura, basti pensare alla “Versiliana” dove si ritrovavano ed ancor’ oggi si ritrovano poeti, scrittori ed artisti di tutto il mondo.

Ci si avvia verso Lucca, un’occhiata all’antica pieve di Santa Felicita e Giovanni, la più antica di tutta la Versilia ed eccoci a Valdicastello. Qui dobbiamo fare una piccola deviazione di 500 metri per arrivare alla casa dove il 27 Luglio 1835 Giosuè Carducci ebbe i natali; si mormora che anche i suoi primi vagiti fossero componimenti poetici… “Peregrino del ciel, garrulo a volo –  tu fuggi innanzi a le stagion nembose. – E vedi il Nilo e nostre itale rose, – né muti stanza perché muti loco”.   Si ritorna sul tracciato, si scollina ed eccoci al cancello della villa Borbone a Capezzano Pianore. Ora costeggiamo un fosso che ci accompagna a Camaiore, bella la badia, ma si prosegue, ecco una diruta chiesetta tutta affrescata ma col tetto squarciato, dove sembra abbia sostato anche l’ immagine del Volto Santo, da qui si sale di brutto per arrivare a Montemagno, proprio in cima alla salita ci saluta Giorgio Gaber (il suo busto) che qui trovò la morte il 1 gennaio 2003. Si scende fino a Valpromaro, poi, dopo il passo di Piazzano, eccoci a Lucca dove si arriva accompagnati dal Serchio. Lucca, le mura, il Volto Santo, Giacomo Puccini, se stiamo un po’ in silenzio possiamo bearci delle sue dolcissime melodie. Ecco San Michele, il duomo, Ilaria dal Carretto, santa Gemma e santa Zita, i Guinigi, i Mansi, piazza dell’ Anfiteatro e via Fillungo. Si riparte e fra strade transitate e zone industrial si passa Capannori, Porcari per arrivare, finalmente all’antica Badia di Pozzeveri teatro della famosa battaglia del 23 settembre 1325 tra le forze del ghibellino lucchese Castruccio Castracani e i guelfi fiorentini.

Altopascio città dell’accoglienza per i pellegrini da sempre, qui hanno avuto origine i “Cavalieri del TAU”, qui suonava la smarrita al tramonto per i pellegrini dispersi. Ecco il Galleno con il tratto selciato della Francigena ed ecco le Cerbaie dove agiva il brigante Orcino. Si scende a Ponte a Cappiano e si attraversa il ponte mediceo, si cammina su di un argine passando vicino ad un nido di cicogne e si arriva a Fucecchio. Città dei conti Cadolingi  dette i natali a Indro Montanelli e il cammino passa proprio sotto alla fondazione a lui dedicata. Si attraversa l’Arno ed ecco laggiù, anzi, lassù la rocca di San Miniato ad indicarci il cammino. San Miniato, importantissima nel medioevo, aveva il controllo su ben 34 castelli, è un vero e proprio scrigno d’arte di storia e di cultura. Ha dato i natali ai Gucci, ai Borromei, qui è nato Francesco Sforza, la Contessa Matilde di Canossa, i fratelli Taviani. Ha scritto le sue prime rime il Carducci, ha insegato Franco Sacchetti, qui ha trovato la morte suicidandosi Pier delle Vigne “Io son colui che tenni ambo le chiavi – del cor di Federigo”. E poi le opere di Cenni di ser Cenni, di Anton Domenico Bamberini e i ricordi di Mario Luzzi e il “Gigoli” e i .. Buonaparte che molta importanza ebbero sulla vita del “Generale”; vi basta? E allora andiamo avanti, si parte per Gambassi. A metà strada ecco la bella pieve dei santi Pietro e Paolo a Coiano, antica e affascinante come il castello che le sta di fronte.

La val d’Elsa con le sue onde a ricordo di un mare pliocenico vola sopra a Castelfiorentino. Qui si può incontrare Verdiana, poi fatta santa, che accompagna i pellegrini a Santiago o a Roma, siamo agli inizi del ‘200 quando gli donai il mio cappello ed il mio bordone. Ecco Gambassi e, prima, la romanica pieve di Santa Maria a Chianni dove ci accoglie Laura. Si scende, ora verso i rii Casciani e dopo il ponte si risale a Santo Pietro, ecco l’antica chiesetta e poi su per Pancole, il suo santuario e la storia del miracolo della mutola, laggiù lungo l’Elsa, intanto è Certaldo, patria di Giovanni Boccaccio; ecco il borgo medievale di Collemuccioli ed eccoci all’altra stupenda pieve romanica di Cellole. Siamo alle porte di San Gimignano con le sue 14 torri, piccola rimanenza delle 72 che aveva nel medioevo. A San Gimignano hanno lavorato artisti come Benozzo Gozzoli, Piero Del Pollaiolo, il Tamagni, Benedetto da Maiano e scusate se dico poco. Stupende le sue chiese: Sant’Agostino, La Collegiata. Ma il tempo ci incalza e allora via per Monteriggioni che si raggiunge dopo aver goduto della bellezza della badia di Coneo, della curiosità della piccola chiesetta di Santo Pietro a Fabbrica di Quartaia, dopo aver attraversato Gracciano ed i resti delle antiche terme visitato il grazioso borgo di Strove, aver eluso la sorveglianza del massiccio Castel di Pietra ed aver sostato in raccoglimento nella millenaria abbazia di Abbadia a Isola.

Ecco le torri, ecco lassù Monteriggioni, baluardo di difesa di Siena verso Firenze “però che come su la cerchia tonda – Monteriggion di torri si corona”. Siamo alle porte di Siena, però prima si può godere del castello della Chiocciola e quello della Villa, poi giù in pian del lago circondato a ponente da boschi e da eremi agostiniani di antica memoria come San Leonardo e Lecceto. Ecco la “piramide” a ricordo del tunnel costruito dai Sergardi che servì a svuotare il lago che tanti problemi di salute creava alla vicina Siena. Si entra in Siena da porta Camollia, sul suo arco è scritto “SENA COR MAGIS TIBI PANDET”.  Siena ti offre il suo grande cuore. Siena, il Palio, Piazza del Campo, il Duomo, Santa Maria Della Scala, Palazzo Piccolimini, Duccio da Boninsegna, Simone Martini, e poi Santa Caterina, la cui testa si può vedere nella cappella a Lei consacrata, in san Domenico, san Bernardino e il monogramma “IHS”,  e poi la Basilica di San Francesco, e le contrade, gli Ardengheschi, i Pannocchieschi, i Tolomei, i Piccolomini (papa Pio II e PIO III)  e poi.. e poi l’accoglienza di suor Ginetta. Bah! Ho lasciato molte cose, ma dobbiamo continuare, lascio anche Siena e ecco la val d’Arbia, Isola d’Arbia, la stupenda “grancia” di Cuna, forse la più grande di tutto il senese. Le grance servivano come deposito di prodotti della terra da utilizzare nei momenti più critici, per questo erano fortificate  ce ne sono molte nel territorio senese. Ecco Cinciano con la chiesa ottagonale ed eccoci sul pone dell’Arbia “Lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso – tali orazion fa far nel nostro tempio”. Subito dopo Ponte d’Arbia si sale a Serravalle ed è qui che il 24 Agosto 1313 moriva, per cause ignote, si parla di malaria o di veleni, l’imperatore del Sacro Romano Impero Arrigo VII.

Si passa Buonconvento, nel suo territorio ha avuto origine la famiglia Borghesi, poi Borghese a Roma, e, dopo una lunga salita tenuti quasi per mano dalla vicina Montalcino, si scende a Torrenieri, e fra saliscendi camminando sulla vecchia Cassia, si arriva a San Quirico d’Orcia San Quirico ci accoglie con gli stupendi portali della collegiata che ti incantano solo a vederli, figuriamoci quando gli dai voce e ti fai raccontate le storie da essi rappresentate. Però prima della collegiata c’è una cosa particolare: c’è il monumento a Tazio Nuvolari, leggenda dell’automobilismo italiano e vincitore di molte “mille miglia”. Ma San Quirico non è solo questo, è anche la dolcissima immagine di quell’opera d’arte  che è la robbiana “madonna di Vitaleta”, è la chiesa di Santa Maria Assunta, sono gli stupendi “Orti Leonini” che ci raccontano del bene e del male, è il maestoso “palazzo Chigi”. Ora la strada si fa in leggera salita fino a giungere al medievale borgo del castello di Vignoni. Questa è una vera chicca sulla Francigena, un piccolo borgo incontaminato e una terrazza sulla val d’Orcia. Ecco laggiù l’inconfondibile sagoma di Radicofani.

Si scende verso Bagno Vignoni con davanti a noi, sull’altra collina la stupenda rocca aldobrandesca di Tentennano con sotto il borgo di Rocca d’Orcia con la casa dove Caterina da Siena ricevette il dono della scrittura, eccoci al bordo della grande vasca ed ecco la cappella dove Caterina passava le sue giornate in preghiera. Si attraversa l’Orcia e si sale fi quasi sotto Castglion d’Orcia; l’Amiata ci guarda con la sua maestosità , quasi ci mette paura. Dopo vari saliscendi arriviamo davanti ad una piccola chiesetta, messa molto male, con accanto una grande casa: siamo alle Briccole, antica accoglienza sulla Francigena, oggi ricovero di ovini (sic). Qui la leggenda ci racconta delle mistiche nozze di fratello Francesco d’Assisi con madonna Povertà nell’agosto del 1224. Francesco, ormai quasi cieco stava andando a Siena con il suo seguace dottore quando qui furono raggiunti da tre bellissime madonne: l’Umiltà, la castità e la Povertà che lo strinsero in un abbraccio celestiale, poi la Povertà inanellò Francesco facendolo suo sposo “Francesco e Povertà per questi amanti – prendi oramai nel mio parlar diffuso”, quindi ripresero la via celeste e solo madonna Povertà si volto per un ultimo sguardo d’amore al suo sposo.”laudato si’, mi’ signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore et sustengo infirmitate et tribulazione”. Bellissima la tavola del “Sassetta” che ricorda l’evento, stupendo riuscire a vedere ancora le impronte dei piedi scalzi che i due amanti hanno lasciato sul terreno. Si riparte con lo spirito in estasi che vola sempre più in alto ed eccoci a Radicofani, patrie di Ghino di Tacco. Ma a Radicofani non c’è solo Ghino con le sue leggendarie imprese, ci sono opere d’arte dei Della Robbia, dei fratelli Buglioni, c’è il giardino Isabella, la bellissima posta medicea e poi c’è Fausto Cecconi, cercatelo quando passate di là perché Fausto è…..Fausto, è un mio fratello, gli voglio veramente bene. Essere accolti da Fausto ripaga la fatica di questa lunghissima (32km) e faticosa (gli ultimi 9 in salita) tappa e la meraviglia dei paesaggi che si godono da quassù. La rocca ci accompagna per la discesa verso Ponte a Rigo e da qui costeggiando la Cassia si arriva a Centeno.

Abbiamo superato il confine, siamo nel Lazio, a Centeno (100miglia a Roma) fu costretto a fermarsi Galileo Galilei mentre veniva tradotto a Roma per il processo; le malelingue dicono che quando gli dissero che era a cento miglia da Roma gli vennero…”certi strizzoni di pancia che…”. Queste alcune perle della Francigena in Toscana, lo scrigno trabocca ma tante, molte ne ho lasciate per via e davanti a noi ancora perle e gioielli come Acquapendente con i caratteristici “Pugnaloni”, la stupenda cripta dedicata al Santo Sepolcro, e poi suor Amelia che ci apre le braccia, e poi Bolsena con Santa Cristina e le catacombe e il miracolo del sanguinamento dell’ostia e poi Montefiascone il duomo, san Flaviano e l’ “est est est”, Viterbo e la macchina di santa Rosa, la cattedrale, il quartiere san Pellegrino e Vetralla, Capranica, Sutri co il matroneo e l’anfiteatro, Campagnano con don Renzo, la Storta e poi Monte Mario e tutta Roma davanti a noi e alla fine il “testimonium”, la nostra laurea a “PELLEGRINI”   

 

Hai accompagnato recentemente un gruppo di persone non vedenti. Quali sono le sensazioni e le emozioni condivise in questa esperienza?

Si! Da due anni accompagno, assieme ad altri, un gruppo di  non vedenti dell’associazione disabili visivi. E’ un’esperienza a dir poco fantastica; le emozioni che provi a camminare con loro sono grandissime, a volte ti chiedi chi sono i ciechi, noi o loro, siamo noi che accompagniamo loro o loro che accompagnano noi? Ci danno lezioni di vita, nonostante il loro handicap riescono a trasmetterti la loro voglia di “vivere”; con loro abbiamo condiviso praticamente tutto, il piacere di stare insieme, la stanchezza, il divertimento, le risate, la fame e il gusto di magiare, le difficoltà, il sapersela cavare nel bene e nel male. Abbiamo visitato città e paesi, dormito in monasteri e conventi, in camerate con bagni in comune, cantato, accompagnati dalla chitarra di Paolo, canzoni e stornelli, ci siamo riposati all’ombra delle querce, camminato ogni giorno per mezz’ora in silenzio; ebbene, alla fine del silenzio loro ci raccontavano ciò che avevano “visto” lasciandoci tutti a bocca aperta. Con gli abbracci a Viterbo, veri, fraterni, sinceri, ci siamo trasmessi tutto il nostro affetto e ci siamo salutati con il cuore, e non solo, pieni di lacrime. Non ringrazierò mai abbastanza il destino  che me li ha fatti incontrare. Mi / ci hanno insegnato di come la vita va molto, molto oltre il nostro vivere quotidiano, mi / ci  hanno insegnato a “vedere” la vita vera e allora le parole di Francesco d’Assisi, che abbiamo incontrato alla Briccole dove proprio loro, i ciechi, hanno visto le impronte da Lui, cieco tra i ciechi, lasciate, “luadato si’ mi’ Signore per quelli che sustengo infirmitate et tribulazione” prendono forma. E le lettere che hanno scritto raccontandoci sensazioni e paesaggi? Roba da brividi! Insomma, per dirla in breve, sono loro che hanno aperto i nostri occhi, ma soprattutto il nostro cuore. Nel 2015 arriveremo a San Pietro ed allora sì che l’abbraccio sarà senza fine.

 

Dopo tanti anni, cosa ti emoziona ancora sulla Via Francigena e perché continui a tornare su questo cammino millenario?  

Dopo tutto quello che ti ho detto mi chiedi cosa mi emoziona ancora sulla Francigena? Beh! Sì ci sono cose che ancora mi emozionano e sono gli incontri con i pellegrini, quelli veri, quelli che  abbracci col cuore e che contraccambiano il tuo abbraccio. Scambiare con loro anche poche parole, chiedere loro se hanno bisogno d’aiuto, cercare di risolvere alcuni problemi come “bucargli e ricucirgli” qualche “galla” ai piedi, cercargli un giaciglio per una notte o più semplicemente accompagnarli ad una farmacia. Queste sono per me sempre nuove emozioni. Aiutare persone che incontri per un’ora e che forse non vedrai mai più, ma che, come te quando ti metti lo zaino sulle spalle, stanno facendo umilmente il loro “cammino”. Io trovo ancora molti  stimoli che mi portano su questo “cammino millenario”. Ogni volta che faccio un tratto più o meno lungo sulla Francigena, per me diventa un nuovo cammino. Cerco e riesco a trovare ancora tracce che prima non avevo visto, sia sul sentiero dove appoggio i piedi che sul sentiero dove appoggio il mio spirito. Come ti ho detto la Francigena è un cammino, per molte ragioni, ancora pieno di spiritualità e, se lo fai con lo spirito ed il cuore liberi dai tabù e dalle frenesie che il nostro vivere  quotidiano ci impone, allora trovi gli stimoli giusti per andare, ancora andare, magari senza una meta precisa. Non si va sulla francigena per fare una “camminata”, sulla Francigena si va per fare un “CAMMINO” piccolo o grande, lungo o corto che sia, ma sempre e solo un “CAMMINO”.

Un forte abbraccio pellegrino
Giovanni

                                            

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Intervista con Raul Goni Santiago, pellegrino-giornalista free lance appassionato di cammini

Intervista con Raul Goni Santiago, pellegrino-giornalista spagnolo free lance appassionato di cammini ed innamorato della Via Francigena, sulla quale ha già camminato in diverse occasioni.

Nel 2012 ha fondato a Pamplona l’Associazione Via Francigena Spagna www.viafrancigena.es, con la quale AEVF collabora. Il numero dei pellegrini spagnoli che si riversano sui cammini di Santiago (lo scorso anno sono stati 215.000!) interessati alla Via Francigena è in forte aumento, anche grazie all’attività di comunicazione e supporto che l’associazione spagnola sta dando.

1.Quali sono le attività che l’Associazione Via Francigena Spagna sta facendo per promuovere l’itinerario francigeno e quale è la percezione del potenziale della Via Francigena tra i pellegrini spagnoli, che già da molti anni camminano sulle vie che conducono Santiago?

L’Associazione della Via Francígena in Spagna (AVFF) sta cercando di far conoscere questa antica via di pellegrinaggio che conduce a Roma, non solo in Spagna e nella Penisola Iberica, ma anche in tutto il Continente americano dove si parla spagnolo, ed a tutti i pellegrini, viandanti ed appassionati di cammini che parlano questa lingua. Vogliamo informare e favorire una formazione sulla Via Francigena che ancora oggi in Spagna non è così conosciuta come il celebre Cammino di Santiago. Tante persone comunque chiedono informazioni sulla Francígena perché trovano nel Cammino spagnolo un luogo spesso sovraffollato e cercano quella tranquillità che un cammino come la Francigena può trasmetere. Inoltre, camminare attraverso Paesi come Francia, Svizzera e soprattutto l’Italia, è un’esperienza straordinaria, così come arrivare a piedi da Roma, uno dei posti più significativi della nostra cultura cristiana.
AVFF sta partecipando a conferenze, incontri, supporta la comunicazione e favorisce lo sviluppo di progetti culturali lungo la Via.
Infine vengono fornite informazione e credenziali a tutti i pellegrini e viandanti che intraprendono il cammino verso Roma.


2.Hai fatto recentemente una lunga esperienza come hospitalero in Italia, sul Passo del Gran San Bernardo. Raccontaci come si svolgeva la tua giornata, i tuoi incontri con i pellegrini e le attività che quotidianamente si svolgono sul mitico Colle a 2.500 m di altezza.

Il Passo del Gran San Bernardo è senza dubbio uno dei luoghi mitici in Europa, un posto carico di storia. Per questo motivo molti pellegrini provenienti da tutto il mondo lo scelgono come punto di partenza per arrivare da Roma. Lì arrivano pieni di energia positiva e con la volontà di attarversare l’Italia per arrivare alla Città Eterna.
Questo colle è un posto magico ed affascinante, luogo di incontro con persone. Tutti i viandanti che arrivano all’Ospizio del Gran San Bernardo sono accolti nello stesso modo. I pellegrini sono dapprima accompagnati alla sala da pranzo per trovare un luogo caldo dove ristorarsi, viene quindi offerta loro una tazza di tè caldo prima assegnare la camera.
Oltre ad aiutare i canonici nell’accoglienza dei pellegrini e nella preparazione dei pasti, invitiamo i pellegrini a condividere la spiritualità di questo luogo; li accompagnamo a visitare il celebre museo, i sentieri storici senza dimenticare di incontrare i famosi cani San Bernardo che in passato hanno soccorso tanti camminatori.
Quest’ anno abbiamo notato il forte incremento di persone spagnole e latinoamericane che hanno scelto di cominciare il loro cammino proprio dal Colle dl Gran San Bernardo. Possiamo considerare questo “valico” come il fratello di quello di Roncisvalle nei Pirenei, che conduce verso Santiago.


3.Papa Francesco in molte occasione ha espresso belle parole verso i cammini ed i pellegrinaggi, con particolare riferimento alla Via Francigena. Il carisma e la capacita comunicativa di Papa Francesco possono attirare la popolazione mondiale ispanica verso la Via Francigena?

Papa Francesco ha molta fiducia nel ruolo della Via Francigena. Non a caso ha da subito attivato un ufficio preposto per la valorizzazione della Francigena. Inoltre, come Gesuita,  conosce bene che il suo fondatore San Ignazio di Loyola ebbe la rivelazione di creare la Compagnia di Gesù proprio a La Storta, nella periferia di Roma, sul cammino francigeno. Le persone provenienti dall’America Latina, sia quelle cattoliche sia quelle non cattoliche, sono fortemente attratti dalla figura e dal carisma di Papa Francesco.
Addirittura tante persone ci scrivono per ottenere una udienza con il Santo Padre, una volta che saranno arrivati a piedi a Roma. Ovviamente questa cosa non possiamo farla!
Il fatto che numerose persone provenienti da altri continenti vengano a camminare sulla Via Francigena, supporta l’idea che le strade di peregrinazione come la Francigena debbano essere considerate come grandi rotte di scambio culturale e spirituale; su questi cammini si devono creare delle “zone franche” nel quale le persone possano camminare liberamente, ognuno con la propria motivazione. E proprio in questo, Papa Francisco e la Chiesa Cattolica come Organizzazione, possono dare un forte contributo.

4.La Via Francigena, come insegna il Cammino di Santiago, può creare oggi importanti opportunità di lavoro per giovani e sviluppare una sostenibilità economica a livello locale. Come pensi che si possa sviluppare questo segmento, mantenendo l’autenticità del cammino?

L’economia globale ha dimostrato che stiamo distruggendo l’autenticità, il futuro delle persone e delle economie locali appiattendo tutto quanto. La Via Francigena, come il Cammino di Santiago, sono grandi reti composte da tante persone, provenienti ognuna da una diversa estrazione sociale, territori, piccole località o mondi lavorativi differenti. E così le cose devono rimanere. Sulla Via Francigena c’è la possibilitò di creare lavoro per tante persone. Il piccolo imprenditore, sia esso giovane o meno giovane, può creare una piccola impresa di prodotti e servizi a supporto della Via Francigena mettendosi in rete con altri piccoli imprenditori locali, in maniera associativa e solidale.
Sulla Francigena ci sono ancora tanti spazi da colmare. Essa non favorisce solo lo sviluppo di una economia a livello locale, ma aiuta alla creazione di una rete di persone e imprese in risposta alle grandi multinazionali internazionali.
Le associazioni e le istituzioni devono cercare di garantire un equilibrio in questo sviluppo affinché sia equo e possa favorire un dialogo tra pubblico-privato, in ottica sostenibile. La Via Francigena, cosi come il Cammino di Santiago, non è solamente una strada sulla quale camminano le persone. I pellegrini e viandanti sopra quel percorso mangiano, dormono, spendono e hanno bisogno di servizi: è nostro compito aiutarli e rispondere ai loro bisogni. Così è sempre stato nel corso della storia, e cosi continueranno ad andare le cose.
E’ importante cercare di preservare l’autenticità della Francigena per svluppare una micro ecnomia sostenibile sui territori.

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“Oggi parliamo di Francigena con…” , nasce una nuova rubrica per dare voce alla community reale e virtuale della Via

Sul sito AEVF verranno proposte interviste a persone impegnate sulla Francigena in ambito istituzionale, associativo o dell’accoglienza.

La rete si propone ancora una volta come strumento per far circolare informazioni, idee e per condividere proposte di chi, da poco o da tanto tempo, sta contribuendo alla valorizzazione, alla crescita e alla promozione della Via Francigena.

Un vero e proprio boom sta portando sul cammino migliaia di pellegrini, viandanti, escursionisti, ognuno con le proprie motivazioni. Merito sicuramente dell’ ”effetto Cammino di Santiago” o semplicemente perché si riscopre il valore del turismo lento, a piedi, in bicicletta, a cavallo (o con l’asino, come sul “Cammino di Stevenson”), in grado di creare emozioni autentiche ed incontri “veri” lungo il cammino. Un modo per rigenerarsi a contatto con la natura e con tutto quanto ruota intorno all’itinerario, cibi genuini e tradizioni locali.

Lo sviluppo della Francigena è legato all’impegno corale di tanti. Le Istituzioni, dalla scala nazionale a quella locale, hanno il compito decisivo di inserire l’itinerario nella propria programmazione strategica per favorire la creazione di adeguate infrastrutture; le associazioni di volontariato, anima del percorso, sempre impegnate ad accogliere i camminatori, fanno valere la forza della rete per promuovere la Via; gli Istituti di ricerca affinché si sviluppi un importante “braccio scientifico”, coinvolgendo ricercatori, studenti, appassionati; gli operatori economici e culturali, in grado di offrire servizi adeguati a camminatori e pellegrini.

Ora la voce passa a voi, amici della Francigena, per restituirci impressioni, emozioni, proposte e anche critiche costruttive, per migliorare insieme il lavoro che si sta facendo.            
“Grazie” a tutti coloro che, ogni giorno, offrono il loro prezioso tempo per migliorare il cammino.