Via Francigena

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Veglie Francigene 2010

Toscana, antichi cammini diventano sentieri dove escursionisti e viandanti ripercorrono i passi dei pellegrini e riscoprono  i paesaggi storici della Via Francigena.

Il 19 giugno a Pontremoli sono iniziate le Veglie Francigene. La Toscana torna ad evocare la storia e il fascino del medioevo e dei suoi paesaggi più suggestivi e leggendari: la Via Francigena, che da Nord a Sud attraversa tutta la Regione, sarà un palcoscenico naturale dal forte potere evocativo.

L’iniziativa rientra in un’ampia strategia di rivalorizzazione culturale e paesaggistica del territorio volta alla promozione di un tuirsmo tematico.

Un turismo diverso da quello di massa. Un turismo rivolto al mondo dei cammini, della storia e della cultura locale. Un turismo che pensa a vivere il territorio. Un turismo lento che gode del paesaggio e valorizza i piccoli centri.

Organizzate e promosse in collaborazione fra Regione Toscana e Associazione Toscana delle Vie Francigene, le Veglie Francigene offrono infatti un calendario di tappe ed iniziative che per tutta l’estate, da Giugno a Settembre, attraverseranno da Pontremoli a Volterra l’intero tratto toscano della Via Francigena rievocandone lo spirito e le radici storico-culturali. Un calendario ricco di eventi culturali, rievocazioni storiche, mostre, convegni.

Per il calendario degli eventi consultare il sito: www.viafrancigenatoscana.eu

Fonte: IntoToscana – Il portale ufficiale della Toscana (www,intotoscana.it)

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Via Francigena: un percorso in continua evoluzione, di A. Conte

La Via Francigena è uno dei più lunghi itinerari pedonali d’Europa, e forse il più complesso: attraversa l’Italia da nord a sud incrociando autostrade, ferrovie, fiumi, catene montuose. In questo articolo raccontiamo come è stato tracciato, e quale potrebbe essere l’evoluzione del percorso nei prossimi anni.

Dopo secoli di oblio, il percorso pedonale della Via Francigena venne riscoperto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, grazie all’interesse di alcune Confraternite di pellegrini, di singoli appassionati che studiarono l’itinerario scrivendo delle guide cartacee, di Associazioni ed Enti Locali.
In una prima fase si studiò la viabilità esistente, per definire un itinerario che – senza richiedere nuove infrastrutture – rispettasse il più possibile il tracciato storico, e nel contempo fosse percorribile dai pedoni con un livello di sicurezza accettabile.

I primi lavori sul percorso
Tra il 1990 e il 2005 alcune Amministrazioni e Associazioni locali si impegnarono nella valorizzazione del percorso nella loro zona, con attività di studio o di segnalazione; citiamo ad esempio:
•    in Valle d’Aosta la Regione, il GAL e le Comunità Montane, che studiarono il percorso installando la segnaletica in tutto il tratto regionale;
•    in Emilia-Romagna la Provincia di Parma, che – in collaborazione con il CAI – realizzò la cartoguida del percorso tra Parma e il Passo della Cisa installando segnavia e cartelli escursionistici;
•    il Toscana e Liguria il CAI, che studiò il percorso tra la Cisa e Luni, in collaborazione con le amministrazioni locali; e la FIE (Federazione Italiana Escursionismo) che installò la segnaletica tra Castel Fiorentino e Siena;
•    Nel Lazio i comuni di Acquapendente, San Lorenzo Nuovo e Bolsena, Montefiascone che installarono la segnaletica nel tratto di loro competenza, e la Confraternita dei Romei della Via Francigena, che studiò e segnalò buona parte del percorso tra il confine con la Toscana e Roma.
Nello stesso periodo furono realizzate alcune Guide cartacee, che proponevano percorsi in buona parte diversi tra loro. Citiamo le principali, tuttora in commercio:
•    Monica d’Atti, Franco Cinti – GUIDA ALLA VIA FRANCIGENA – Terre di mezzo Editore – Milano
•    Luciano Pisoni, Aldo Galli – LA VIA FRANCIGENA – ADLE Edizioni – Padova
•    Associazione Internazionale Via Francigena – Topofrancigena
Utilizzando un paragone “informatico” chiameremo il fascio di percorsi tracciato a seguito delle attività di cui sopra “Versioni 1.x”.

La versione 2.0
Nel 2005 l’Associazione Europea delle Vie Francigene (AEVF) avviò un’attività di studio e rilievo del percorso pedonale della Via Francigena. L’obiettivo era quello di mettere ordine tra le varie proposte di percorso, che spesso proponevano itinerari diversi lungo gli stessi tratti, disorientando i pellegrini.
L’AEVF raccolse dalle Amministrazioni Locali tutte le proposte di percorso, le integrò con il materiale disponibile sulle Guide cartacee, e consegnò il materiale ad Alberto Conte, che in qualità di consulente tecnico analizzò il materiale ed effettuò i sopralluoghi lungo l’itinerario, per definire per ogni tratto la soluzione migliore, o comunque il miglior compromesso.
Il lavoro venne completato nell’Aprile del 2006, quando furono consegnate all’AEVF le mappe che descrivevano il percorso, che furono pubblicate sul sito www.viefrancigene.eu,  e una relazione tecnica che indicava le criticità dell’itinerario in termini di sicurezza e di attraversamento di proprietà private.

La versione 3.0
Nel Dicembre 2006 la DG Paesaggio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) avviò un progetto di posa in opera della segnaletica direzionale lungo il percorso pedonale della Via Francigena. L’attività si svolse in coordinamento con AEVF, che decise di condividere con il MiBAC il percorso pubblicato.
Il MiBAC conferitì alla società itinerAria l’incarico di effettuare un’ulteriore analisi per trovare una soluzione ai principali problemi di sicurezza, definendo un percorso che fornisse garanzie di sicurezza adeguate all’istallazione della segnaletica.
In questa fase l’attività di itinerAria si concentrò sui nodi critici fondamentali della versione 2.0 del percorso. Inoltre nel frattempo alcune Amministrazioni si attivarono autonomamente per migliorare la percorribilità dell’itinerario, mettendolo a disposizione del MiBAC.
L’analisi del percorso e i relativi sopralluoghi si competarono nel mese di Agosto del 2007, quando itinerAria consegnò al MiBAC la versione 3.0 dell’itinerario, in cui la gran parte dei problemi di sicurezza e percorribilità della versione 2.0 era stata risolta.
La versione 3.0 venne quindi utilizzata per il progetto preliminare della segnaletica direzionale, che venne sottoposto ai proprietari e ai gestori delle strade (Province, Comuni, privati) contestualmente alla richiesta di autorizzazione alla posa dei cartelli.

La versione 3.1
Nella gran parte dei casi la richiesta di autorizzazione ebbe un esito immediatamente favorevole, talvolta invece il proprietario (privato o Amministratore) negò l’autorizzazione, o chiese delle modifiche al percorso.
Nel frattempo la Direzione Beni Librari del MiBAC aveva avviato i lavori di rilievo puntuale con GPS del percorso pedonale, per redigere la nuova Guida descrittiva ed elaborare la cartografia digitale. Durante il rilievo fu quindi possibile valutare le richieste di variante che arrivavano dai territori, per verificarne le caratteristiche di sicurezza e compatibilità.
Tali attività si svolsero in stretto coordinamento con le Amministrazioni Locali, per arrivare a un percorso condiviso su cui potesse essere autorizzata l’installazione della segnaletica.
Il risultato fu la versione 3.1 dell’itinerario, che rappresentava un’evoluzione del percorso precedente, e che fu pubblicata on line sul sito www.francigenalibrari.beniculturali.it nella seconda metà del 2008.
Il percorso venne quindi approvato il 31 Marzo 2009 dal Comitato Scientifico della Consulta degli itinerari storici, culturali e religiosi, e quindi definitivamente ufficializzato il 13 novembre 2009, con la nota a firma congiunta del  Ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, e del Ministro per le Politiche Agricole, Luca Zaia.

Le varianti e i percorsi alternativi
Oltre alla “certificazione” del percorso ufficiale, nella riunione del 31 marzo 2009 fu approvata una procedura di gestione delle varianti.
La grande complessità del percorso italiano della Via Francigena, che con i suoi 1000 km è uno degli itinerari pedonali più lunghi d’Europa, nonché la contiguità e le continue intersezioni con la rete stradale ordinaria, richiedono una continua attività di miglioramento del percorso.
Appena pubblicata la versione 3.1 numerose Amministrazioni e Associazioni si sono quindi attivate per migliorare la sicurezza per i pellegrini, risolvere problemi di attraversamento di proprietà private, valorizzare edifici di interesse storico e religioso lungo l’itinerario.
Inoltre in alcune zone si è presentata l’opportunità di tracciare percorsi alternativi che dipartendosi dal percorso ufficiale consentissero di raggiungere luoghi di interesse religioso o storico, per poi ricongiungersi con l’itinerario ufficiale.
La segreteria del Comitato Scientifico della Consulta ha quindi ricevuto varie richieste di integrazione e modifica del percorso, che sono in corso di valutazione e che saranno sottoposte al Comitato nelle prossime riunioni.

Un itinerario in continua evoluzione
Dopo l’intenso lavoro di tracciatura effettuato delle Amministrazioni centrali e locali, l’attuale itinerario della Via Francigena rappresenta probabilmente il miglior compromesso possibile oggi per garantire una sufficiente sicurezza ai pellegrini utilizzando i percorsi esistenti, senza costruire nuove infrastrutture e riducendo al minimo l’attraversamento di proprietà private.
Le Amministrazioni Locali stanno lavorando per migliorare la sicurezza e la percorribilità, ad esempio costruendo marciapiedi o piste ciclopedonali protette nei tratti in promiscuità con il traffico automobilistico, o concordando con i proprietari il passaggio su proprietà private. L’itinerario è quindi destinato a cambiare in modo significativo, in un processo di miglioramento continuo, analogamente a quanto è successo nei primi anni di sviluppo del Cammino di Santiago.
In questa fase sarà fondamentale il coordinamento dei lavori tra le Amministrazioni Locali e gli organismi nazionali, affinché venga garantita l’uniformità delle caratteristiche del percorso e vengano salvaguardate le reali esigenze dei pellegrini.

Alberto Conte
itinerAria

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L’accoglienza “povera” e lo sviluppo della Via Francigena, di A. Conte

Dal 12 al 14 Marzo 2010 si è tenuto a Monteriggioni un corso per “hospitaleros voluntarios”, che nella prossima estate gestiranno alcuni ostelli lungo il Cammino di Santiago, e che potrebbero in futuro prestare servizio lungo la Via Francigena. Qual’è l’importanza del lavoro dei volontari per lo sviluppo economico dei territori attraversati da un grande itinerario culturale?  

Gli hospitaleros voluntarios

Ogni anno migliaia di persone dedicano un periodo del loro tempo libero alla gestione di un ostello lungo il Cammino di Santiago. Si tratta di un servizio volontario e non retribuito, il più delle volte gestito da associazioni locali di Amigos del Camino.

Gli hospitaleros voluntarios sono pellegrini che, dopo aver percorso il proprio cammino, decidono di partecipare attivamente allo sviluppo dell’itinerario più famoso del mondo. In genere lavorano per una o due settimane presso un albergue, gestendolo da ogni punto di vista: dall’accoglienza ai pellegrini alle pulizie, dal fare la spesa a fornire agli ospiti tutte le informazioni utili.

Gli ospitalieri sono eredi di una tradizione millenaria, che risale al Medio Evo, quando chi compiva un pellegrinaggio era considerato un ospite sacro, e come tale doveva essere accolto. Il loro ruolo è fondamentale per la salvaguardia dello spirito profondo del Cammino di Santiago, dell’atmosfera che avvolge il fiume di persone che ogni mattina si mettono in marcia verso la tomba dell’Apostolo.
La gratuità del servizio degli ospitalieri è in se un valore: in un mondo in cui tutto sembra avere un prezzo, l’incontro quotidiano di gesti gratuiti (il cammino del pellegrino, il lavoro dell’ospitaliere) è uno degli aspetti magici del viaggio verso Santiago, che lo rendono diverso da qualunque altro cammino.

Un rito collettivo

Il Cammino di Santiago è un rito collettivo che coinvolge ogni anno centinaia di migliaia di persone, che si mettono in viaggio caricandosi sulle spalle uno zaino che contiene il minimo indispensabile per vivere, e simbolicamente si tolgono di dosso i macigni che appesantiscono la loro vita quotidiana: il lavoro, gli impegni familiari e sociali, l’apparenza, i debiti, i soldi.

Provano l’ebbrezza di una vita semplice e libera, trascorrono le giornate con persone come loro, da cui si sentono accolti e capiti. Si sentono parte di una comunità in cui non è importante quello che fanno, ma quello che sono.
I pellegrini condividono in una stessa giornata gli spazi sconfinati del Cammino e le camerate anguste degli ostelli, in cui le differenze di età, sesso, nazionalità, religione, classe sociale vengono appiattite: decine di persone abitano in pochi metri quadrati, senza alcuna difesa per la propria intimità. La fatica quotidiana stravolge l’aspetto fisico delle persone, che al loro arrivo negli ostelli condividono gli odori, i respiri pesanti, gli occhi gonfi al risveglio, i colori della biancheria intima stesa ad asciugare.
Pezzi della loro vita e della loro giornata, in genere salvaguardati gelosamente, escono dalla sfera privata per diventare di pubblico dominio. In questa situazione le barriere si abbattono, e l’assenza di difese rende unici i rapporti tra i pellegrini in cammino, e dei pellegrini con se stessi.

Il pellegrino in cammino prova una sensazione di libertà senza uguali, si avvicina all’essenza, che può trovare in se stesso, negli altri, nella religione, nella spiritualità, nella bellezza, o in tutte queste cose insieme. Allontana da se una quotidianità fatta spesso di apparenza e di falsità, governata da una cronica mancanza di tempo e da esigenze pratiche in cui il denaro assume un’importanza centrale.

Camminare diventa un gesto trasgressivo, con cui il pellegrino stravolge la scala dei valori che governa la società moderna: chi cammina non consuma e non produce. Viaggia leggero, il suo passaggio contribuisce marginalmente all’economia del territorio che attraversa, ma può avere un impatto importante sulla crescita culturale e personale delle persone incontrate lungo la via.

Le due anime del Cammino

Eppure il Cammino di Santiago è uno dei principali prodotti turistici europei, una risorsa che genera milioni di Euro di fatturato annuo, e che ha risollevato l’economia di alcune aree tra le più povere della Spagna, come la Galizia.

Come è possibile la convivenza tra le due anime del Cammino di Santiago, quella no-profit/low cost dei volontari e dei pellegrini a piedi, e quella profit degli operatori turistici al servizio dei turigrini (così vengono chiamati i turisti lungo il Cammino)?
Nella risposta a questa domanda risiede uno dei segreti del successo del Cammino, e per questo è importante che chiunque si occupa della Via Francigena abbia ben chiari i meccanismi che governano l’economia del pellegrinaggio verso Santiago.
Le attrattive che rendono indimenticabile il Cammino di Santiago non sono le meravigliose chiese, i paesaggi sconfinati, il silenzio dei villaggi, i sapori dei cibi che si possono gustare. Tutto ciò è molto bello, ma certo non unico: se pensiamo al mix di paesaggio, storia, cultura, religione che caratterizza il percorso della Via Francigena, l’itinerario spagnolo non regge il confronto.
La magia del Cammino di Santiago risiede nel flusso ininterrotto di persone che lo percorrono ogni giorno dell’anno. La fatica, il sudore, il dolore che si mescolano senza soluzione di continuità con il sorriso, l’emozione, la bellezza.

L’economia del Cammino di Santiago è fondata sul flusso di turisti che da tutto il mondo raggiungono il nord della Spagna attratti dalla suggestione, dal fascino misterioso, dai racconti, dalla bellezza dell’immagine del fiume di persone in cammino. In questo senso il Cammino di Santiago coincide con i pellegrini che lo percorrono e gli danno vita, passo dopo passo.
I pellegrini non transitano lungo il Cammino: loro sono il Cammino.  
Le 150.000 persone che nel 2009 hanno raggiunto Santiago a piedi o in bicicletta hanno contribuito solo in parte al fatturato dell’industria turistica spagnola: l’indotto di turisti che hanno viaggiato in auto, moto, autobus, è stato almeno 10 volte superiore, con una spesa media giornaliera ben più alta.
Tuttavia chi conosce la fisica sa che non può esistere l’indotto senza l’induttore, e quindi non esisterebbe il turismo lungo il Cammino di Santiago senza i pellegrini a piedi. Non esisterebbero i numerosissimi alberghi, B&B e pensioni che accolgono i turisti a prezzi di mercato senza gli ostelli che ospitano i pellegrini per pochi Euro al giorno.

Chi vuole sviluppare la Via Francigena come itinerario turistico e culturale deve quindi comprendere che la pretesa di richiamare i turisti prima di creare un flusso continuo e numeroso di pellegrini a piedi è velleitaria, significherebbe mettere il carro davanti ai buoi. Il potenziale economico del “prodotto” Via Francigena è enorme, ma non si potrà esprimere senza lo sviluppo della microeconomia dell’accoglienza a basso costo, in cui il ruolo dei volontari sarà determinante.

Il corso di Monteriggioni

Le considerazioni di cui sopra stanno alla base del corso che si terrà in Toscana dal 12 al 14 marzo, organizzato da itinerAria con il sostegno del Comune di Monteriggioni.
Sette veterani spagnoli, membri dell’organizzazione spagnola Hospitaleros Voluntarios, che gestisce una ventina di ostelli lungo il Cammino di Santiago coordinando il lavoro di più di 3000 volontari, terranno un corso di formazione dedicato agli aspiranti ospitalieri italiani.

Il corso, presentato alla fine del 2009, ha avuto un successo inatteso: a fronte di una ventina di posti disponibili sono arrivate numerosissime richieste, tanto che le iscrizioni sono state chiuse con largo anticipo e il numero totale dei partecipanti è stato portato a 25. Molti “novizi” che non potranno frequentare il corso in Italia si recheranno direttamente in Spagna, dove si affiancheranno per qualche giorno a un veterano prima di gestire personalmente un ostello.
Dopo il corso, i volontari sceglieranno un periodo di due settimane in cui saranno disponibili a lavorare in un albergue spagnolo.

L’obiettivo del corso è quello di creare un nucleo di ospitalieri che dopo l’esperienza spagnola siano disponibili a ripetere l’esperienza in Italia, lungo la Via Francigena.
A tale scopo però è fondamentale che le Istituzioni e le Amministrazioni Locali comprendano l’importanza del lavoro volontario, creando i presupposti per lo sviluppo di un’accoglienza “povera”.
Scuole, oratori, palestre, ambulatori, caserme, edifici pubblici sotto-utilizzati o abbandonati potrebbero diventare dei validi posti tappa lungo la Via Francigena, e con un minimo investimento potrebbero svolgere una funzione di utilità sociale.

Ciò richiede però una strategia precisa, e un coordinamento forte, in grado di incidere sulle normative e sulle leggi nazionali e regionali, che spesso ostacolano la creazione di strutture non classificabili con i criteri della ricettività turistica.

Un contributo determinante deve essere fornito anche dagli operatori turistici, che nelle strutture di accoglienza spartana non devono vedere una minaccia bensì una straordinaria opportunità di sviluppo: la rete degli ostelli economici deve essere vista come parte di un’infrastruttura viaria. Una strada verde, da costruire anno dopo anno con un “cantiere della bassa velocità” che potrebbe cambiare radicalmente il territorio, una volta tanto migliorandolo, anziché devastarlo.

Alberto Conte